La bellezza di una comunità materna: l’esperienza pastorale a Elmas

La bellezza di una comunità materna: l’esperienza pastorale a Elmas

La bellezza di una comunità materna: l’esperienza pastorale a Elmas 

Mi presento: sono Francesco, ho 27 anni e sono al IV anno della mia formazione al Pontificio Seminario Regionale Sardo. Direi che questi elementi sono sufficienti per raccontarmi…ah no! Svolgo il servizio pastorale nella parrocchia S. Sebastiano Martire a Elmas che don Marco Orrù guida con grande spirito di servizio e tanta (ma tanta!) dedizione.

Sono arrivato a Elmas a settembre dell’anno passato: è la terza destinazione pastorale in cui il seminario mi ha chiesto di svolgere il mio servizio dopo le parrocchie di Decimomannu (II anno) e di Sant’Elia (III anno). Credo che quella del servizio pastorale sia una delle dimensioni più particolari ma più formative che il seminario richiede a chi è in cammino verso il sacerdozio: siamo catapultati in una realtà nuova in cui (forse) del parroco abbiamo sentito parlare e, se siamo fortuna;ti, possiamo ritrovare qualche altro fedele già incontrato in qualche evento diocesano, per il resto…mistero! Ma è questo il bello dell’esperienza!

Ho conosciuto don Marco al ritiro dei catechisti della parrocchia organizzato in seminario e lì è iniziata l’avventura insieme e, insieme, una gran bella amicizia – non scontato.

Siamo già a maggio e l’anno pastorale volge quasi al termine: sono tante le esperienze e i legami che mi porto nel cuore dopo meno di un anno, mi limito a raccontarne tre.

Accoglienza. Non è scontato trovare una comunità che sappia accogliere in maniera così materna. Elmas ci è riuscita! Non voglio usare frasi fatte ma, davvero, mi sono sentito da subito a casa (e non c’entra nulla la vicinanza con Sestu, il mio paese d’origine): ognuno, a suo modo, è riuscito ad accogliermi come se fossi cresciuto con loro. Ad oggi posso dire: è passato solo un anno e quante cose ho visto e fatto insieme a loro!

Metto nella mia valigia l’esperienza con i giovani della parrocchia. Chi mi conosce sa quanto la mia storia vocazionale sia legata agli adolescenti e quanto io spenda gran parte delle mie energie testimoniando loro che siamo figli di un Padre che ci vuole felici e la nostra vita non è altro che un viaggio alla ricerca di quella Bellezza che ci rapisce il cuore. Con Cloè, Paolo e Giovanni Maria (che umilmente ringrazio per il supporto) abbiamo pensato a dei percorsi di catechesi per i ragazzi del biennio e del triennio della scuola superiore: sono stati momenti che ci hanno permesso di legare e di diventare amici tra noi testimoniando ai ragazzi la bellezza di un’amicizia vissuta sotto il nome di Cristo.

Infine, porto con me la testimonianza di un sacerdote innamorato di essere sacerdote e della parrocchia in cui svolge il suo ministero. Ho trascorso i weekend guardando don Marco all’opera spendendosi con fatica e tanto sacrificio per i fedeli che gli sono affidati: sono contento di essere stato parte del suo lavoro e di aver collaborato con lui per portare tra la gente l’unica Parola che salva.

Elmas, grazie per ciò che è stato – per ora!

Francesco Cara

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“Non mi piace ridurre il lettorato a un ministero pratico, ma è più un vivere la Parola di Dio e annunciarla, annunciare che questa Parola salva, annunciare che questa Parola è una Parola di bellezza”.

In vista del conferimento del ministero del lettorato, che avverrà sabato 25 maggio presso la cappella del Pontificio Seminario Regionale Sardo in Cagliari, nella celebrazione eucaristica che sarà presieduta da S.E.R. Mons. Corrado Melis, vescovo di Ozieri, abbiamo intervistato il nostro seminarista Francesco Cara. A partire dalla sua storia, Francesco ci racconta cos’è il ministero del lettorato e come questo si inserisce nella realtà pastorale nella quale attualmente si trova, donandoci anche una piccola riflessione sul versetto evangelico che risuona ancora oggi nel suo cuore “Duc in altum” (Lc 5,4).

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La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/3

La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/3

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Proseguiamo con la serie dei contributi (qui e qui i precedenti) che illustrano i principali punti chiave della Dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero per la Dottrina della Fede.

Motivazioni teologiche circa la dignità umana

Il secondo capitolo, dai tratti più marcatamente teologici, riguarda le motivazioni per cui «la Chiesa proclama l’uguale dignità di tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro condizione di vita o dalle loro qualità» (DI 17). Si tratta in sostanza di tre ragioni, legate a tre fondamentali realtà della fede cristiana: l’uomo creato a immagine di Dio (creazione), l’uomo pienamente rivelato da Gesù Cristo (incarnazione) e l’uomo chiamato alla comunione con Dio (resurrezione).

L’uomo creato a immagine di Dio

La Rivelazione mostra il legame fondativo tra l’essere umano e Dio: il racconto fondativo di Gen 1 stabilisce un rapporto originario e originante tra i Creatore e la creatura, plasmata dalla terra a immagine somigliante divina. È per questa provenienza, testimoniata dalla presenza dell’impronta di Dio su ogni essere umano (Gen 1,26) che la creazione getta luce sulla dignità umana: Dio ha creato l’uomo affinché lo conoscesse, lo amasse e stabilisse rapporti di fraternità e pace con gli altri esseri creati. Stando fedeli alla mentalità ebraica che sta dietro il racconto di creazione, l’essere umano è considerato come un’unità organica (nel mondo ebraico non erano presenti le distinzione tra corpo e anima). Così, se la creatura partecipa dell’immagine di Dio in ogni fibra e dimensione del suo essere, «la dignità si riferisce non solo all’anima, ma alla persona come unità inscindibile, e dunque inerisce anche al suo corpo» (DI 18).

Si può notare come il testo proponga una visione olistica dell’uomo, tenendo insieme le due dimensioni di anima e corpo di matrice greca. Avendo citato Gen 1,26 sarebbe però stato più opportuno insistere su una terminologia biblica più corrispondente alla cultura in cui il racconto fondativo della creazione dell’essere umano ha avuto origine. Inoltre, fondare teologicamente la dignità sulla creazione garantisce che essa sia proprietà costitutiva di ogni essere umano anche non cristiano.

L’uomo pienamente rivelato da Gesù Cristo

Oltre ad essere stato creato a immagine e somiglianza di Dio, l’essere umano è creato a immagine del Figlio, colui che del Padre è «immagine del Dio invisibile [εἰκὼν τοῦ θεοῦ τοῦ ἀοράτου]» (Col 1,15; cfr 2Cor 4,4). Con l’assunzione della carne, il Verbo di Dio «ha confermato la dignità del corpo e dell’anima costitutivi dell’essere umano» (Dignitas personæ, 7), poiché in virtù dell’incarnazione Cristo si è legato in qualche modo ad ogni uomo (GS 22). Da questo discende che «ogni essere umano possiede una dignità inestimabile, per il solo fatto di appartenere alla stessa comunità umana» (DI 19). Inoltre, non solo per la sua natura teandrica (umano-divina) ma anche per le sue opere (che l’hanno espressa), Cristo ha rivelato pienamente la dignità di ogni persona: con l’annuncio dell’appartenenza del Regno ai poveri e agli uomini, le guarigioni dalle malattie fisiche e spirituali egli ha rivelato che «l’essere umano è tanto più “degno” di rispetto e di amore quanto più è debole, misero e sofferente» (DI 19).

L’uomo destinato alla comunione con Dio

L’essere umano è destinato alla comunione con Dio: scopo autentico della sua esistenza è l’unione con il suo Creatore, che lo ha da sempre chiamato all’eterna felicità dello stare con lui. In altri termini, la resurrezione di Cristo illumina ulteriormente la dignità della persona. Infatti la dignità dell’essere umano «non è legata solo alle sue origini, al suo venire da Dio, ma anche al suo fine, al suo destino di comunione con Dio» (Evangelium vitæ, 38).

A questa chiamata, l’uomo può corrispondere con la propria libera decisione in una dinamica chiarita dalla distinzione tra immagine e somiglianza di Genesi. Se da una parte l’immagine di Dio non può essere cancellata e perciò la dignità non può mai essere persa, dall’altra la somiglianza a cui ciascuno è chiamato può essere avvicinata se ci si orienta verso il bene, cercando di vivere all’altezza della propria dignità. Così è possibile comprendere «in che senso il peccato possa ferire ed offuscare la dignità umana, come atto contrario ad essa, ma, nello stesso tempo, che esso non può mai cancellare il fatto che l’essere umano sia stato creato ad immagine di Dio» (DI 22).

Davide Ambu

 

 

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«Instaurare omnia in Christo»: l’esperienza pastorale a S. Pio X

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Mi chiamo Lorenzo Vacca e da settembre 2023 mi ritrovo nella parrocchia di San Pio X, dove sto vivendo l’esperienza pastorale insieme al parroco don Giovanni Ligas, al diacono Alberto Giua Marassie alla comunità. È una grande occasione per me, ormai alla fine del VI anno del seminario maggiore, perché si tratta di vivere in maniera sempre più profonda la realtà pastorale, nella quotidianità.

Terminata l’esperienza presso il Policlinico “Duilio Casula” di Monserrato, da fine estate mi ritrovo tra il seminario (dal lunedì al mercoledì) e la parrocchia dove sto la maggior parte del tempo, apprendendo, un poco alla volta, tutte quelle sensibilità pastorali per essere sempre più a servizio della gente e fare sintesi in vista del diaconato. Grazie a don Giovanni sto avendo l’opportunità di osservare il reale impegno di un sacerdote che si spende per la comunità, mettendosi a disposizione delle persone: una parola di conforto, un consiglio, una battuta o anche più semplicemente imparare a stare tra la gente in allegria.

La parrocchia ha diverse realtà e ricchezze umane: non mi riferisco tanto ai numeri degli abitanti o alla quantità delle persone che partecipano alle celebrazioni, ma alla qualità: sono tante le persone che dedicano il loro tempo, le proprie capacità e i talenti per rendere bella la comunità e io non posso che ammirarle e prendere esempio per la loro dedizione e la loro preghiera costante. L’oratorio, i catechisti, gli scout, i ministranti, i cori e le persone che suonano, il gruppo missionario, il gruppo di preghiera “Fraternità francescana di Betania” e la Conferenza vincenziana: tutte realtà che non possono fare altro che impreziosire e arricchire, ciascuno col proprio carisma.

Il mio impegno consiste nel rendermi sempre disponibile per tutto ciò che può servire insieme al parroco, in modo particolare per l’oratorio, i ministranti, il servizio all’altare, la comunione agli ammalati, l’animazione musicale e tutto quel che c’è da fare per la comunità, dai più piccoli ai grandi. Credo però che la parte più profonda di questa esperienza si stia concretizzando nell’assimilare uno stile “sacerdotale” nella donazione di me stesso, soprattutto pregando per la gente e con la gente: non credo che la vera pastorale consista solamente nel fare mille cose, scadendo così in uno sterile attivismo, ma essa prende sempre più vita, forma e produce frutto se ciò che faccio lo compio per incontrare il Signore e accompagnare le persone a saperlo riconoscere nella propria vita.

Questo dunque sto vivendo a San Pio X: imparo, giorno dopo giorno, ad essere sacerdote nella ricerca di uno slancio missionario, a donare me stesso e ad essere sempre a disposizione delle persone, attento ad ascoltare la voce del Signore e a scorgere la Sua presenza in mezzo a noi.

Lorenzo Vacca

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