Cappella Maggiore
La Cappella Maggiore, posta sull’angolo sud del quadrilatero che costituisce il Seminario Arcivescovile, si sviluppa in altezza per tre piani, sino ai terrazzi e agli attici. Si tratta di un ambiente vasto e abbastanza armonioso, con la copertura in falde triangolari variamente inclinate. Nella parete di sinistra si aprono ampi finestroni luminosi, verso i campi sportivi, mentre la parete di destra chiude i corridoi dei piani dell’edificio, con una soluzione in legno chiaro, abbellita con strisce verticali di vetro trasparente.
La facciata, volta a est, avanzata di qualche metro sul filo del prospetto, si conclude in alto con un timpano triangolare, al cui vertice spicca una croce in ferro. Realizzata in marmo chiaro, vi si apre il vasto portone centrale, elevato di alcuni gradini sul piano dello spiazzo antistante. L’architrave è realizzato in mosaico dorato.
All’interno, la parte bassa delle pareti è rivestita di elementi in legno, nel cui centro, appena elevato, è riservato un pannello per le stazioni della Via Crucis. Nella parete di destra si aprono grandi porte, che immettono sul corridoio del piano terra.
Sulle pareti sono disposti i 20 dipinti in olio su tela raffiguranti i misteri del Rosario, a cui se ne aggiungono due rappresentanti la Sacra Famiglia e lo sposalizio della vergine, tutti realizzati dall’artista Annamaria Trevisan.
Al centro della parete sinistra è collocato il dipinto dell’Immacolata, Patrona del Seminario, realizzato da Giovanni Marghinotti.
Il presbiterio è rialzato di poco sul pavimento e in esso spicca l’altare, consistente in un masso squadrato di candido marmo di Carrara. Sul fondo, in posizione centrale, è sistemato il tabernacolo, in bronzo dorato, a forma di libro aperto. Sulle due pagine si legge la scritta “VERBUM CARO”. Più in alto è collocato un elegante Cristo Crocifisso.
Al fianco del tabernacolo erano sistemati due elementi in bronzo, che raffiguravano ciascuno le cinque vergini sagge della parabola evangelica, che reggevano una lampada sempre accesa. Erano opera dell’artista Giuseppe Tarantino, di Torino, che aveva realizzato anche le stazioni della Via Crucis, con le belle immagini finemente stilizzate dei personaggi.
Addossata al retro della facciata si trova una vasta tribuna, sulla quale presto trova sistemazione il maestoso organo a canne, opera della Ditta Vincenzo Mascioni, di Cuvio (Varese).
Nella parete frontale del presbiterio trova posto un grande mosaico, con la scena della Pentecoste. Per esso era stato indetto un concorso di idee cui avevano partecipato vari noti artisti della Sardegna e di altre regioni d’Italia. Una apposita commissione composta da liturgisti e artisti assegnò la vittoria al progetto della Scuola di Mosaico Vaticana. La scena raffigurata presenta il Cenacolo, nel quale erano riuniti gli apostoli attorno alla Madonna. Uno squarcio nel soffitto dà spazio, in alto, al segno della presenza del Padre Eterno e alla immagine dello Spirito Santo, che in forma di colomba, scende con le ali spiegate tra nuvole luminose. Da essa partono le scie delle lingue di fuoco, sino alla testa dei singoli Apostoli ritratti in atteggiamento estatico. La Vergine è raffigurata seduta in trono, con un viso sereno e luminoso, in ampio vestito bianco e celeste, con le mani giunte in preghiera e lo sguardo rivolto verso l’alto, nel ricevere il dono dello Spirito. Le figure, eseguite in marcata stilizzazione secondo il gusto del tempo e in nobili colori, esprimono un’intensa atmosfera soprannaturale.
L’opera fu eseguita secondo i cartoni del prof. Gaudenzi, con la direzione dei lavori di Virgilio Lasso. Nei due angoli in basso, come forma di datazione, furono posti gli stemmi del Papa regnante: a destra di Paolo VI col trimonte e i gigli e a sinistra dell’Arcivescovo mons. Paolo Botto, che lasciò la Diocesi nel 1969. Li univa la scritta “Scuola Vaticana del Mosaico”.
La cappella fu solennemente dedicata col rito liturgico dallo stesso Mons. Botto il 29 aprile 1960. Il giorno appresso vi celebrò la messa il cardinale Alfredo Ottaviani. Il mosaico fu inaugurato il 21 maggio 1964, nelle celebrazioni del 4° centenario dell’istituzione dei Seminari, voluta dal Concilio di Trento.
(Testi tratti da A. Piseddu, Le chiese di Cagliari e le chiese distrutte, vol. 4, Sandhi, Cagliari 2022, 36-37)