«Ritrovarsi»: l’esperienza pastorale a San Pantaleo

«Ritrovarsi»: l’esperienza pastorale a San Pantaleo

«Ritrovarsi»: l’esperienza pastorale a San Pantaleo

“Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più”, così cantava Johnny Dorelli nel 1974. E così è iniziato questo secondo anno di esperienza pastorale trascorso presso la Parrocchia San Pantaleo in Dolianova, amministrata dal parroco don Mario Pili. Difatti, a me e Mario, un compagno proveniente dalla diocesi di Ozieri, quest’anno si è unito a noi anche Lorenzo, dalla diocesi di Nuoro.

Ritornare nella comunità è stato come un ritrovarsi, un risentirsi accolto come in una famiglia. L’esperienza pastorale non è semplicemente un pezzo della formazione in seminario, bensì un fare esperienza di quella missionarietà di cui sono stati investiti gli stessi discepoli, inviati ad annunciare la Parola che salva. Un annuncio che si fa sguardo, gesti, parole.

Il rischio di un secondo anno in una realtà parrocchiale potrebbe essere quello di adagiarsi su schemi prestabiliti; allo stesso tempo, questo può costituire una sfida importante per scendere ancor più in profondità, approfondire relazioni, crescere nella fraternità, esplorare realtà ancora sconosciute.

Dalla celebrazione eucaristica ai momenti di formazione tra Azione Cattolica e catechismo, dall’oratorio alle visite alle famiglie, tutto concorre a gustare la dimensione comunitaria della Chiesa, dove tutti siamo chiamati a vivere come membra vive, nella comunione e nell’Amore.

In quest’Anno Santo, non sono mancate le celebrazioni giubilari nella Cattedrale di Dolia, presiedute dall’Arcivescovo mons. Baturi, dalla celebrazione di inizio Cammino Giubilare alla celebrazione foraniale. Occasioni per fare memoria dell’essere parte della Chiesa Universale che cammina incontro a Cristo, sorretta dalla virtù della Speranza.

Ancora, la presenza ogni domenica di uno dei seminaristi, per la celebrazione eucaristica presieduta da don Francesco Meloni, sacerdote anziano, presso la casa di riposo “Monsignor E. Piovella”, è vivere la misericordia verso gli ammalati alla quale il San Padre ancor più ci esorta in questo Giubileo. Stare vicino agli ammalati e agli anziani è “valorizzare il tesoro che sono, la loro esperienza di vita, la sapienza di cui sono portatori e il contributo che sono in grado di offrire” (Spes non confundit, 14).

Rinnovo la mia gratitudine al Signore per ciò che opera nella comunità di San Pantaleo, per ogni momento donato, e per la sete di incontro e umanità, affinché mai si plachi. La gratitudine a Dio si estende alla comunità intera, dalla quale continuo a imparare a lasciarmi condurre anche come figlio, accolto da una famiglia particolare di Cristo. Ed è gratitudine che si esprime anche verso don Mario che, anche tra le difficoltà, conduce il gregge a lui affidato con gioia, sincerità e umiltà, nella fedeltà a Cristo, Albero da cui sgorga la Vita.

Michele Fanunza

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«Ritrovarsi»: l’esperienza pastorale a San Pantaleo

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Veglia vocazionale a Quartu: preghiera e testimonianza

Veglia vocazionale a Quartu: preghiera e testimonianza

Sabato [23 marzo], la chiesa parrocchiale di San Luca a Quartu Sant'Elena ha ospitato la veglia di preghiera per le vocazioni, promossa dall'Ufficio Diocesano di Pastorale Vocazionale, che ha coinvolto numerosi giovani e fedeli provenienti dalle diverse comunità della...

Veglia vocazionale a Quartu: preghiera e testimonianza

Veglia vocazionale a Quartu: preghiera e testimonianza

Sabato [23 marzo], la chiesa parrocchiale di San Luca a Quartu Sant’Elena ha ospitato la veglia di preghiera per le vocazioni, promossa dall’Ufficio Diocesano di Pastorale Vocazionale, che ha coinvolto numerosi giovani e fedeli provenienti dalle diverse comunità della diocesi e dall’hinterland cagliaritano.

Il tema della veglia si è ispirato al brano dei discepoli di Emmaus, che ha guidato i presenti in una riflessione sulla scoperta della presenza di Dio nelle vicende quotidiane e sul misterioso e luminoso incontro con Cristo.

È stata anche condivisa la testimonianza vocazionale e missionaria di padre Ivan Garro, giovane prete e religioso Oblato di Maria Immacolata, a cui è seguita l’omelia dell’Arcivescovo, che con parole appassionate si è rivolto specialmente ai giovani. Le tre parole sulle quali si è incentrata la sua meditazione sono state felicità, magnanimità e umiltà. Un accorato invito a vivere una vita piena di significato, capace di dare e ricevere con un cuore aperto e pronto a seguire la chiamata divina.

Al termine della serata, don Roberto Ghiani, rettore del Seminario e direttore dell’Ufficio Diocesano di Pastorale Vocazionale, ha ringraziato tutti i presenti, i parrocchiani e il parroco don Collu, per la partecipazione e l’accoglienza. Ha ricordato a tutti la potenza della preghiera, prima e fondamentale attività di pastorale vocazionale.

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«Ritrovarsi»: l’esperienza pastorale a San Pantaleo

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“In Cammino con la Parola: Vangelo della Quaresima” III DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C

“In Cammino con la Parola: Vangelo della Quaresima” III DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 13, 1-9
 
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”». 

“…ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” dice il Signore nel Vangelo di questa domenica. Siamo chiamati in questo tempo particolare che è la Quaresima a scoprire l’esigenza di cambiamento; in una realtà lacerata da divisioni, guerre, liti, avversità e contrarietà potrebbe capitare di esigere il cambiamento degli altri, di chi ci sta intorno perché le cose non vanno come vorremmo. Ma la Quaresima impone davanti alla nostra faccia, spesso protesa solo verso il nostro ventre desiderosi di riempirlo, questa verità: cambia te stesso.

Il Signore ci chiede di convertirci, di cambiare ciò che siamo dal negativo al positivo: egli sa che, come l’albero che non porta frutto, potremmo dare tanti frutti buoni se ci lasciassimo lavorare da Lui, agricoltore. Ma perché imporci, perché metterci davanti la cruda realtà di un cambiamento personale? Dice il salmo 48: “Ma l’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono. Questa è la sorte di chi confida in sé stesso”. In un’epoca segnata da ogni comodità, da ogni possibilità tecnica, dalla possibilità di poter esprimere e ottenere ogni tipo di piacere e desiderio, l’uomo – cioè tutti noi – rischia di vivere solo in funzione di sé, del “bisogno” di riempire la propria pancia, i propri vuoti, i propri desideri. Ma è bene che ci ricordiamo che noi siamo più di questo: non solo siamo a immagine e somiglianza di Dio, ma Dio si è fatto uomo come noi.

Se non ci convertiremo da questo modo di vivere, periremo tutti allo stesso modo cioè schiavi di noi stessi, schiavi di un modo di vivere diverso da quello pensato da Dio, nostro Padre e creatore, per noi, per una vita piena e felice. “Ecco ora il momento favorevole” direbbe San Paolo, tempo favorevole per guardarci allo specchio e chiederci: ma davvero io sono a posto così? Non ho nulla da rivedere nella mia vita? Il Signore è felice di me? È questo un momento favorevole per interrogarci su come stiamo camminando verso la vita eterna – “se” stiamo camminando – e vedere quanto ancora dobbiamo lasciare fare al Signore perché possiamo portare frutti. Sant’Agostino nelle sue Confessioni scriveva: “Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato. Tu eri dentro di me, e io fuori.E là ti cercavo”. Se solo riconoscessimo la presenza di Dio nella nostra vita, come dice sant’Agostino! Scopriremo, allora, la presenza di un Altro che brucia d’amore, come il roveto ardente davanti a Mosè, che brucia d’amore per noi e vuole che anche noi accendiamo questo fuoco di vita e di amore per lui: convertiamoci, dunque, a questo Signore della vita.

Diac. Lorenzo Vacca

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«Ritrovarsi»: l’esperienza pastorale a San Pantaleo

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Veglia vocazionale a Quartu: preghiera e testimonianza

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“In Cammino con la Parola: Vangelo della Quaresima” II DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C

“In Cammino con la Parola: Vangelo della Quaresima” II DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 9,28b-36

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

 

Il Vangelo di oggi ci porta sul Monte Tabor, dove Gesù si trasfigura davanti a tre dei suoi discepoli: Pietro, Giacomo e Giovanni. Questo episodio è uno dei momenti più significativi del ministero di Cristo, un’anticipazione della sua gloria pasquale, che prepara i discepoli ad affrontare lo scandalo della croce.

Il testo inizia con una nota importante: “Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.” La preghiera è sempre il punto di partenza per un incontro profondo con Dio. La Trasfigurazione avviene mentre Gesù prega, e questo ci insegna che solo nella preghiera possiamo scorgere la vera identità di Cristo. I monti, nella Bibbia, sono luoghi privilegiati di rivelazione: Mosè riceve la Legge sul Sinai, Elia incontra Dio sull’Oreb, e ora Gesù mostra la sua gloria sul Tabor. Ma il monte è anche fatica, salita, sforzo: per entrare nella presenza di Dio, è necessario lasciare la pianura delle distrazioni e cercare il silenzio interiore.

Mentre Gesù prega, il suo volto cambia daspetto e la sua veste diventa candida e sfolgorante. Questo dettaglio richiama l’esperienza di Mosè, il cui volto diventò raggiante dopo aver parlato con Dio (Es 34,29). Ma qui accade qualcosa di più profondo: Gesù non riflette la luce di Dio, ma la emanata da sé stesso, perché Egli è Dio. In questo evento, Gesù svela la sua vera identità ai discepoli. Essi lo hanno conosciuto come uomo, lo hanno visto affaticarsi, pregare, soffrire, ma ora comprendono che Egli è il Figlio di Dio.

Accanto a Gesù compaiono Mosè ed Elia, figure che rappresentano tutta la storia della salvezza: Mosè è colui che ha ricevuto la Legge sul Sinai, guida del popolo d’Israele. Elia è il profeta che ha difeso la fede nellunico Dio, affrontando l’idolatria.

Il fatto che entrambi conversino con Gesù significa che tutta la Legge e i Profeti trovano in Lui il loro compimento. Non a caso parlano con Gesù del suo “esodo”, cioè della sua passione, morte e risurrezione.

Di fronte a questa visione straordinaria, Pietro esclama:Maestro, è bello per noi essere qui! Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia.” Pietro vorrebbe fermare il momento, rimanere nella luce della gloria senza tornare alla realtà della vita. Ma il cammino della fede non è fatto solo di esperienze straordinarie: bisogna scendere dal monte, tornare nella vita quotidiana e affrontare il mistero della croce. Quante volte anche noi vorremmo restare in momenti di grazia, evitando la fatica della vita? Ma la fede non è evasione: è luce che ci accompagna anche nelle prove.

Improvvisamente, una nube luminosa avvolge tutti e si ode una voce dal cielo:

Questi è il Figlio mio, leletto; ascoltatelo!”

È il cuore del Vangelo: la fede nasce dall’ascolto di Cristo. Troppo spesso ascoltiamo tante voci, lasciandoci distrarre da mille preoccupazioni. Ma Dio ci chiede di ascoltare Gesù, di prendere sul serio il suo Vangelo e di seguirlo. Dopo questa rivelazione, i discepoli non vedono più Mosè ed Elia, ma solo Gesù. Questo significa che non c’è più bisogno di altre guide: ora il cammino è seguire Lui, il Messia crocifisso e risorto.

Dopo la visione della gloria, i discepoli devono scendere dal monte. Anche noi, dopo ogni esperienza spirituale, dobbiamo portare la luce di Cristo nella vita quotidiana. Chiediamo al Signore di aiutarci a vivere questa Quaresima con lo sguardo rivolto alla Pasqua, certi che, se ascoltiamo la sua voce, anche noi saremo trasfigurati nella sua gloria.

 Diac. Samuele Mulliri

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«Ritrovarsi»: l’esperienza pastorale a San Pantaleo

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Gratitudine che deborda: l’esperienza pastorale a San Sebastiano

Gratitudine che deborda: l’esperienza pastorale a San Sebastiano

Gratitudine che deborda: l’esperienza pastorale a San Sebastiano

Sono trascorsi poco più di cinque mesi dall’inizio di questa nuova esperienza pastorale, eppure, piano piano, sta diventando un’esperienza di casa. Quest’anno il Seminario Regionale mi ha chiesto di trascorrere i weekend dedicati alla pastorale insieme a Ivan, seminarista della diocesi di Lanusei, nella parrocchia di San Sebastiano, guidata dal parroco don Michele Fadda.
Fin da subito ci siamo accorti di trovarci in una comunità dinamica, accogliente e piena di vita, nonostante le dimensioni ridotte del quartiere. In questi mesi non posso che ringraziare per questa realtà, dai più piccoli, che ho avuto la gioia di conoscere attraverso il catechismo e il servizio all’altare, fino agli adulti, dai quali ho potuto imparare l’amore e la dedizione alla Chiesa, alla comunità e alle singole persone.
La nostra esperienza a San Sebastiano si sta sviluppando tra incontri di catechismo, celebrazioni eucaristiche e attività di oratorio con gli altri giovani della parrocchia. Questi momenti stanno diventando sempre più occasioni per educarci alla fede e dono di sé nell’incontro con l’altro.
Un ringraziamento speciale va a chi tiene unite tutte le parti e guida questa comunità: don Michele. Sin dall’inizio ci ha accolti con un’amicizia sincera, coinvolgendoci attivamente nella vita parrocchiale e incalzandoci in un confronto e giudizio continuo sulla vita e sulla fede. Quello che emerge chiaramente è un modo e stile di vivere la parrocchia che invita a crescere in umanità e responsabilità, senza dimenticare nessuno, ma valorizzando tutto.
Se non si fosse ancora compreso, l’esperienza di questi mesi è stata un’opportunità per imparare la gratitudine, che apre e libera il cuore. Ed è proprio vero: essa sgorga dai piccoli e grandi segni che Dio lascia nella storia, nella nostra storia di uomini in ricerca di Lui. Nell’incontro con gli altri, questi segni si fanno chiari, luminosi e determinanti.

Giacomo E. Pisano

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«Ritrovarsi»: l’esperienza pastorale a San Pantaleo

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“In Cammino con la Parola: Vangelo della Quaresima”   I DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C

“In Cammino con la Parola: Vangelo della Quaresima” I DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C

Dal Vangelo secondo Luca

Lc 4,1-13

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».

Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».

Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».

Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

 

 

Il Vangelo ci racconta che Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, un dettaglio che ha un significato profondo: Gesù non affronta le tentazioni da solo, ma con la forza dello Spirito.

Quante volte, invece, ci troviamo ad affrontare le difficoltà e le tentazioni senza lasciarci guidare dallo Spirito, finendo per sentirci fragili e impreparati?

Le tentazioni iniziano dopo che Gesù ha digiunato per quaranta giorni e quaranta notti, un periodo simbolico che, nel linguaggio biblico, esprime la completezza del sacrificio. In quel momento di stanchezza, Gesù avverte la fame. È proprio quando siamo vulnerabili e stanchi che le tentazioni si insinuano, cercando di distorcere la nostra risposta a bisogni legittimi. Spesso, non riconosciamo i nostri veri bisogni e preferiamo ignorarli o soddisfarli con soluzioni temporanee che, però, non ci appagano mai completamente.

La prima tentazione riguarda il bisogno materiale. Il tentatore sfida Gesù dicendo: «Se sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Gesù risponde: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Sebbene i bisogni materiali siano legittimi, c’è un desiderio ancora più profondo da soddisfare: nutrire il cuore, l’anima e lo Spirito. Solo quando lo Spirito è forte, possiamo dare ordine e armonia agli altri aspetti della nostra vita.

La seconda tentazione si svolge sulla sommità del Tempio. Il diavolo cita la parola di Dio per mettere alla prova Gesù, dimostrandoci che anche il bene può essere distorto e che non tutto ciò che sembra giusto proviene da Dio. Gesù risponde: «Non tentare il Signore tuo Dio», insegnandoci a non sostituirci a Dio né a sfidare la sua volontà per perseguire i nostri obiettivi.

La terza tentazione è forse quella più attuale, anche ai nostri giorni. Il diavolo mostra a Gesù tutti i regni del mondo e la loro gloria, promettendogli il potere su di essi in cambio di adorazione: «Tutte queste cose io ti darò, se ti prostrerai e mi adorerai». Gesù risponde con fermezza: «Il Signore, tuo Dio, adorerai: a lui solo renderai culto». Anche noi, infatti, siamo spesso tentati di adorare gli idoli moderni: successo, potere, piacere, cose che promettono una felicità effimera ma che alla fine ci lasciano vuoti e schiavi.

Perché Gesù affronta le tentazioni? Per prepararsi alla sua missione. Anche noi possiamo imparare da Lui: affrontiamo le difficoltà della vita lasciandoci condurre dallo Spirito, trovando tempo per il silenzio e la preghiera. Il deserto diventa per noi una palestra, dove il cuore, la mente e l’anima si allenano a superare le sfide, scegliendo sempre ciò che veramente nutre la nostra vita.

O Dio, nostro Padre,

con la celebrazione di questa Quaresima,

segno sacramentale della nostra conversione,

concedi a noi tuoi fedeli

di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo

e di testimoniarlo con una degna condotta di vita.

 

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