Contributi ricevuti dal Seminario Arcivescovile nell’anno 2022 

Contributi ricevuti dal Seminario Arcivescovile nell’anno 2022 

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Ai sensi di quanto previsto dall’art. 1, commi 125-129, Legge 4 agosto 2017, n.124, in tema di adempimento degli obblighi di trasparenza e di pubblicità, di seguito si riportano le informazioni relative ai contributi che il Seminario Arcivescovile di Cagliari (C.F. 80004290922) ha ricevuto nell’anno 2022, come indicato nella Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 2 del 11.01.2019:

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Enrico e Leonardo istituiti lettori

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Giornata di festa per la comunità del Pontifico Seminario Regionale Sardo che, sabato 27 maggio [2023] ha visto conferire i ministeri del lettorato e dell’accolitato ad un gruppo di dodici seminaristi.

Il conferimento dei ministeri ha avuto luogo durante una intensa e partecipata celebrazione dell’eucarestia presieduta dal Vescovo di Nuoro e di Lanusei, S.E. Mons. Antonello Mura, concelebrata da Mons. Corrado Melis, vescovo di Ozieri, Mons. Mosè Marcia, vescovo emerito di Nuoro, dal Rettore Don Riccardo Pinna, dal preside della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna don Mario Farci, dall’equipe formativa, e da tanti sacerdoti provenienti dalle diverse parti dell’isola.

Tra gli istituendi anche due seminaristi della nostra Arcidiocesi: Enrico Muscas, della parrocchia S. Vittoria V. M. in Seuni (Selegas) e Leonardo Piras, della parrocchia S. Ambrogio in Monserrato.

Il Lettore è istituito per l’ufficio, a lui proprio, di proclamare la parola di Dio nell’assemblea liturgica (cf. Ministeria quaedam, n. 5). In particolare, a partire da un assiduo ascolto delle Scritture, richiama la Chiesa intera alla presenza di Gesù, Parola fatta carne, giacché come afferma la costituzione liturgica «è Cristo che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura» (cf. Sacrosanctum Concilium, n. 7).

Nel corso dell’omelia il vescovo ha offerto ai presenti numerosi elementi di meditazione e ha posto l’accento sulla dimensione del servizio: “La mia riflessione vuole farsi interprete di alcune parole [della liturgia] del giorno che sono state donate a noi, ma vuole essere anche un invito pressante a voi giovani, presto lettori e accoliti, di riconoscervi in questo dono a nome della Chiesa e di testimoniarlo con franchezza e senza nessun impegno. Nella lettura si parla di Paolo, ma attraverso di lui queste parole arrivano fino a noi: voi siete la dimostrazione, e questo dovete anche dimostrare, che è il servizio a fare la vocazione, non il contrario. Non si prende un cammino, una vocazione, un ministero e poi si dice “adesso devo servire”, ma è perché servo che posso anche vivere quel ministero e quella vocazione”.

Il presule ha poi proseguito la sua omelia facendo riferimento al discepolo che Gesù amava, Giovanni, e ha sottolineato come Gesù aveva sentimenti diversi, anche da dimostrare, e non li nascondeva: “Certo, amava tutti, ma questa universalità – dobbiamo dirlo – non cancellava sfumature, empatie, sintonie, sussulti diversi verso una persona. A volte nella Chiesa, anche nel ministero, non solo quello di lettore e accolito, anche quello di diacono e di presbitero e di vescovo, pensiamo che la dedizione alla Chiesa coinvolga solo lo Spirito, quasi che lo Spirito non abiti un corpo. Così il rischio è uno solo: quello di costruire manichini dello Spirito tutti uguali, tutti amati allo stesso modo, quasi fossero degli stampini. Dire che c’era il discepolo che Gesù amava dimostra che anche il Signore, non solo non cancella i sentimenti, ma che il cuore, l’immediatezza dei sentimenti, l’amorevolezza del tratto deve emergere e non deve essere annullato. Vi invito, cari amici, a dare spazio nella vostra vita e nel vostro servizio a un’interiorità non costruita a tavolino, ma grazie al vostro cuore”.

Il lettorato di Enrico e Leonardo arricchisce la nostra Chiesa diocesana di nuove ministerialità a servizio del Signore e del suo corpo che è la Chiesa. A loro il nostro augurio, per loro la nostra preghiera.

Leonardo Piras

(Fotografie da: Pontificio Seminario Regionale Sardo, https://www.flickr.com/photos/136021396@N03/sets/72177720308767849/)

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Giornata Diocesana Ministranti 2023

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“Perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” (Gv 13, 15): questo il tema scelto per la Giornata Diocesana dei Ministranti, che si è svolta venerdì 28 aprile, ponendo l’accento sulla dimensione del servizio, che i bambini delle tante comunità parrocchiali della nostra Chiesa diocesana vivono settimanalmente, nell’impegno del servizio all’altare.

La giornata si è svolta come di consueto negli spazi del Seminario Arcivescovile, che ha accolto più di 250 ministranti, pronti a rivivere – o a vivere per la prima volta – l’esperienza di questo incontro diocesano, che ormai è diventato appuntamento fisso da tanti anni per molti. Accolti da musica, gioia e balli, i vari gruppi hanno preso posto nell’Aula magna del Seminario e, dopo l’accoglienza, la catechesi tenuta da don Roberto Ghiani Rettore del Seminario, ha aperto la giornata.

Il tema scelto quest’anno è stato presentato ai ministranti con una rappresentazione del brano della lavanda dei piedi (Gv 13, 1-15), messa in scena dai seminaristi e da alcuni animatori degli oratori della nostra Diocesi. La riflessione proposta è stata quella di vivere nella propria vita questo stesso gesto che Gesù ha fatto verso i suoi discepoli: vivere, nel concreto, quello che si celebra nella liturgia e fare della propria vita un servizio di lode. Così l’esempio di Gesù non rimane circoscritto al momento dell’Ultima Cena, ma vive continuamente nell’esistenza cristiana per il servizio ai fratelli e al Signore.

Terminata la catechesi i ministranti, divisi in gruppi, hanno preso parte a un grande momento ludico, a cui ha fatto seguito la celebrazione della Santa Messa presieduta dal Vicario generale, Mons. Ferdinando Caschili, il quale ha ricordato la figura di San Luigi Maria Grignon de Monfort nel giorno della sua memoria. Attraverso la liturgia del giorno e dei giorni precedenti, il Vicario ha evidenziato l’importanza della dimensione del cammino, fondamento dell’esistenza cristiana: il servizio prende sostanza quando ci si mette dietro i passi di Gesù, dietro il suo esempio e la vita dei santi, i quali in particolare hanno mostrato quanto sia bello seguire il Signore. Come i discepoli che corrono dopo aver visto la tomba di Gesù vuota, come i discepoli di Emmaus e come Paolo dopo l’incontro con il Signore, così il cristiano è chiamato a camminare per incontrare il Signore sulle vie del mondo e annunciare ai fratelli che Cristo è risorto.
L’evento si è poi concluso, dopo il pranzo, con le premiazioni: la gioia dell’incontro, il servizio, il cammino e la fraternità sono stati il centro di questa Giornata dei Ministranti del 2023. Forse la pandemia aveva fatto dimenticare quanto fosse bello vivere momenti del genere, capaci di far fare un’esperienza di Chiesa viva e presente; alla fine, sono anche queste le occasioni che ci ricordano che siamo membra del corpo di Cristo, che non siamo soli ma un’unica famiglia, un unico gregge intorno all’unico pastore, Cristo Signore.

Lorenzo Vacca

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Lorenzo Vacca istituito accolito

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Lorenzo Vacca istituito accolito 

Domenica delle Palme (2 aprile 2023) a Sanluri, presentato alla Chiesa che è in Cagliari dalla mia comunità di origine, ho ricevuto il ministero dell’accolito dal nostro Arcivescovo; non lo percepisco solo come uno dei passi verso il sacerdozio, ma come un vero e proprio dono. L’accolitato credo raccolga in sé in germe quello che poi con il ministero ordinato sarà più in grande e più impegnativo, ovvero la dimensione del servizio.

Quest’anno mi è capitato di svolgere il servizio pastorale nell’ospedale policlinico di Monserrato ed è stato proprio l’avvicinarmi al mondo della malattia che ha suscitato in me un desiderio sempre più vivo di essere servo della parola di Dio e per tutti quegli uomini che lo cercano “con cuore sincero“ (Sal 145,18).

È in questo senso che percepisco il servizio, il ministero dell’accolitato come un dono, non per fare ciò che piace a me o per un mio vanto, ma per portare avanti instancabilmente quello che la Chiesa fa da 2000 anni: portare Cristo. Certo, le fatiche non mancano e con esse le responsabilità, ma so che non faccio la mia volontà ma quella del Signore, nell’attento discernimento della sua Parola. Anticamente – ho letto da qualche parte – l’accolito era colui che non solo portava l’eucaristia ai malati, ma reggeva al fianco del vescovo una candela per poter leggere bene dai libri liturgici. Mi piace abbinare quest’ultima idea di questo antico servizio con l’eucaristia, la luce della vita di un cristiano: portare la comunione agli indigenti diventa non solo il portare la luce a coloro che “stanno nelle tenebre nell’ombra della morte” (Lc 1,79), ma diventa il portare la luce della comunione tra i fratelli e ovunque sarò, almeno ci provo.

Questo ulteriore passo verso il sacerdozio lo sto dunque vivendo così: nel servizio attento e nell’incontro con le donne e gli uomini ai quali sono mandato per portare luce, comunione, Cristo.

Lorenzo Vacca

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Davide Ambu istituito accolito

Davide Ambu istituito accolito

Davide Ambu istituito accolito 

«Fa’ che, assidui nel servizio dell’altare, distribuiscano fedelmente il pane della vita ai loro fratelli»: queste sono state le parole della liturgia che S.E.R. Card. Louis Antonio Tagle, domenica 19 marzo [2023], ha rivolto a me e a due miei compagni.

Durante la liturgia, celebrata nella Cappella dell’Almo Collegio Capranica, dal tono sobrio e ma lietamente familiare, sono stato istituito accolito, insieme a due miei compagni di cammino, Giacomo Gliottone (Diocesi di Teano-Calvi) e Claudio Ottonello (Arcidiocesi di Sassari). La preparazione al ministero, accompagnata dai formatori, è stata incentrata sulla figura dell’accolito quale ministro legato all’Eucarestia e alla testimonianza espressa dalla simbologia della luce (come emerge dalla monizione del rito De ordinatione acolythorum del Pontificale Romanum di Trento: «Non enim Deo placére potéritis, si lucem Deo mánibus præferéntes, opéribus tenebrárum inserviátis, et per hoc áliis exémpla perfídiæ præbeátis»). E proprio sulla luce era incentrata la liturgia del giorno della mia istituzione, IV domenica di Quaresima/A: l’invito paolino di essere luce nel Signore (Ef 5,8) può realizzarsi vivendo il proprio battesimo (prefazio), fondamento di ogni ministero, se si guarda con lo sguardo del cieco guarito da colui che è luce del mondo (Gv 9).

Nella preparazione prossima, mi sono soffermato sul significato dell’accolitato, partendo proprio dalla parola “accolito”. Fin da subito l’origine del termine mi ha dato una linea di lettura del ministero: il termine “accolito” è la traduzione italiana del latino acòlythus, a sua volta traslitterazione del greco ἀκόλουθος, della stessa radice del verbo ἀκολουθέω, che significa “seguire”. La traduzione latina letterale sarebbe sequens: è proprio il termine usato da papa Caio († 296) e che ricorre nel Liber Pontificalis attribuito a papa Vittore (189-199) («Hic fecit sequentes»). L’accolito dunque è un “sequens”, in inglese si direbbe un “follower” di Cristo; questa parola d’oltre Manica mi ha riportato subito all’episodio della chiamata di Matteo, ben reso nella serie tv The Chosen: Gesù sceglie Levi dicendo «ἀκολούθει μοι», «seguimi», «follow me» (così riportano tutti e tre i sinottici: Mt 9,9; Mc 2,14; Lc 5,27). Questo mi ha reso ulteriormente consapevole che il ministero ricevuto è una tappa (non un gradino) del cammino di sequela, che si configura con una “vicinanza” maggiore al Maestro: nell’Eucarestia e nella Chiesa, nello specifico verso i più deboli e poveri.

E proprio su questa “vicinanza” ha ruotato poi la mia preparazione imminente. Due settimane prima dell’istituzione, un pesante lutto ha colpito Giacomo, un mio compagno di classe e di ministero; la vita, dal corso non sempre prevedibile, talvolta mette di fronte a eventi drammatici che non possono non toccare il cuore dell’uomo: il dolore forte di un amico che piange suo fratello non può lasciare indifferenti, se è vero che siamo corpo mistico di Cristo (dove il dolore di un membro è il dolore di tutti). Così, in queste circostanze dove le tenebre sembrerebbero prevalere, mi sono tornate in mente alcune parole di P. Giovanni Maria Rossi: «l’amore dona la più umile consolazione a gente che è distrutta dall’angoscia e dal dolore».

Da allora ho vissuto la preparazione e sto iniziando a vivere il ministero dell’accolitato come “ministero di prossimità”: lo stare accanto a chi soffre, provando a portare un po’ della luce del Signore. Perché, se è vero che l’opera dell’accolito non si limita all’ambito esclusivamente rituale (portare i ceri, distribuzione dell’Eucarestia) – come si afferma nei praenotanda al Rito di Istituzione dei ministeri – e se è vero che dovrebbe amare il Corpo mistico di Cristo, specialmente i deboli, i poveri e i malati – come ricordano la monizione del rito e Ministeria quaedam – allora l’accolito dovrà essere ministro di prossimità (il documento della Cei I ministeri nella Chiesa parla di «ministero dell’Eucarestia e della carità»). Nei giorni precedenti all’istituzione mi sono interrogato parecchio sul servizio ai deboli, ai poveri e ai malati e su come lo stessi vivendo; in questo sono aiutato da alcuni spunti fornitimi da P. Pietro Bovati alla lectio divina quaresimale, che ha sottolineato come il servizio non è impegno ma dono (non si sceglie, si riceve) ed è più ampio di quello verso la povertà materiale; così mi sono accorto che stavo scegliendo le povertà da servire: i poveri della mensa del compianto don Pietro Sigurani presso cui avrei voluto fare servizio in quaresima, gli ammalati dell’ospedale Cottolengo di Torino, dove dovrei andare quest’estate. Ma forse c’erano altre povertà, infermità e debolezze che il Signore voleva donarmi, più vicine del Caravita o di Torino. E allora, se l’accolito riceve il servizio come un dono, non può non imitare il buon samaritano che si curva su tutte le ferite e le sofferenze umane, comprese quelle che vivono a poche porte di distanza da quella di camera mia.

Davide Ambu

 

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Esperienza estiva al Sermig (Torino)

Esperienza estiva al Sermig (Torino)

Esperienza estiva al Sermig (Torino) 

Dal 18 luglio al 14 agosto ho fatto l’esperienza estiva presso il Sermig di Torino, in una struttura che era adibita ad arsenale militare, ed è diventato l’«Arsenale della pace». Durante questa esperienza mi sono dedicato completamente alla carità, specialmente verso il prossimo meno fortunato. In tanti e vari compiti, tra cui lo smistamento di abiti, la distribuzione degli alimenti, la preparazione delle scatole con alimenti da mandare per l’emergenza guerra in Ucraina, e in tanti altri “laboratori” della carità ho dato il mio contributo.

Ho avuto modo di poter passare del tempo in compagnia della Parola di Dio, che mi ha guidato durante tutta l’esperienza, insieme ad altri giovani seminaristi provenienti da tutta Italia e da giovani scout e ragazzi d’oratorio; con loro ho potuto condividere il pensiero o ciò che ci ha lasciato la Parola durante la giornata. Sono rimasto stupito del fatto che i giovani siano stati capaci di condividere i loro pensieri quasi fossero studiosi di teologia.

Durante questa esperienza, ho potuto toccare con mano la vera povertà che tiene imprigionata tanta gente. L’esperienza è stata formativa sotto tanti punti di vista, ma quello più importante è stata la carità, che al Sermig regna sovrana nei cuori della fraternità e nei giovani che collaborano assiduamente all’«Arsenale».

Nicolas Arba

 

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