Il Cammino di Santiago con la FOM

Il Cammino di Santiago con la FOM

Il Cammino di Santiago con la FOM 

«In modo stretto non s’intende peregrino se non chi va verso la casa di sa’ Iacopo» (DANTE ALIGHIERI, Vita nuova, XL).

Il pellegrinaggio alla tomba dell’apostolo Giacomo, proposto e organizzato dalla Fondazione Oratori Milanesi in occasione dell’Anno santo Giacobeo, ci ha visto percorrere i sentieri della Galizia insieme ad altri 42 giovani universitari della Diocesi di Milano. Spirito di adattamento, condivisione, accoglienza e preghiera sono stati alcuni dei principali ingredienti con cui abbiamo affrontato il famoso Cammino di Santiago, percorrendo i 115 km che dividono Sarria dalle reliquie dell’Apostolo.

Le lunghe camminate giornaliere sono state l’occasione per conoscere meglio i giovani ambrosiani: i ragazzi degli oratori di Casorate e di Gaggiano e del Collegio universitario San Paolo si sono mostrati molto accoglienti, alleggerendo – tra una chiacchiera e l’altra – le fatiche dei tratti asfaltati e condividendo con noi curiosità, pezzi delle loro vite e domande del loro cuore; a creare un clima familiare hanno contribuito anche le abbondanti “cene del pellegrino”, accompagnate dall’immancabile Estrella Galicia, al fine di rendere quei giorni «occasione per esprimere la fraternità cristiana, per dare spazio a momenti di convivenza e di amicizia» (CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Direttorio su pietà popolare e liturgia, 286).

Il Cammino non è solo percorrere sentieri e macinare chilometri: è un pellegrinaggio, «cammino verso il santuario», «cammino di conversione», «cammino di preghiera» (ID, Direttorio su pietà popolare e liturgia, 286-287). Ad aiutare a mantenere il tono spirituale al nostro andare sono stati i momenti di preghiera, comunitaria e personale: ogni giorno, dopo un’ora circa di cammino, ci siamo ritrovati per riflettere con la Parola di Dio (un brano del Vangelo), aiutati dalla figura di un apostolo e di un santo; al momento di catechesi, tenuto dai sacerdoti e dalle religiose che ci accompagnavano, seguiva sempre un momento di cammino solitario in silenzio, un piccolo deserto dove far risuonare e accogliere quel seme che ci era stato donato.

La sera ci ritrovavamo tutti insieme per la preghiera del Vespro (in rito ambrosiano) e per la celebrazione eucaristica: la “Messa del pellegrino” (in lingua spagnola), vissuta insieme ai compagni di strada di tante altre nazionalità, ci ha ricordato che la Chiesa non si esaurisce nei confini della Diocesi di Cagliari o della Conferenza Episcopale Italiana, ma ha un respiro e una ricchezza estremamente più ampi. Inoltre è stato bello vedere che i ragazzi di Casorate si ritrovavano tra loro per pregare le lodi e la compieta.

E così, tappa dopo tappa, passando per i balli in piazza di Portomarìn, il cieco templare di Pàlas del Rei, il famoso polpo di Melìde, la meravigliosa catechesi ad Arca o Pino siamo arrivati a Santiago, dove la nostra συνοδία ambrosiana si è ricongiunta con l’altro gruppo che ha percorso il cammino portoghese. Dopo essere stati accolti nel piazzale della cattedrale da S.E.R. Mons. Mario Delpini (Arcivescovo di Milano), ci siamo recati alla méta del nostro pellegrinaggio, «il barone per cui […] si visita Galizia» (DANTE ALIGHIERI, Paradiso, XXV, 17-18).

“Aiutami Giacomo, mio amico, a portare i pesi della mia vita”: così abbiamo pregato davanti alla tomba di uno degli amici intimi di Cristo, affidando alla sua intercessione le persone che ci hanno ferito e fatto del male. La giornata a Santiago è stato poi scandita dalla Messa del Pellegrino, con l’imponente botafumeiro che dondolava maestoso tra le navate della cattedrale, e dall’incontro con Mons. Delpini e S.E.R. Mons. Julián Barrio Barrio (Arcivescovo di Santiago).

Da questa esperienza estiva ci portiamo a casa un cuore pieno, riempito dai passi fatti insieme ai giovani di Milano, un cuore felice del respiro vitale di una Chiesa mondiale; abbiamo vissuto la bellezza dell’essenziale per un cristiano: camminare insieme alle persone, stando tra loro con disponibilità e accoglienza, in ascolto e preghiera.

 Davide Ambu e Cristiano Pani

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Oratorio estivo al don Bosco di Selargius

Oratorio estivo al don Bosco di Selargius

Oratorio estivo al don Bosco di Selargius 

Nella calda stagione estiva dell’anno 2022, presso la parrocchia di Selargius intitolata a San Giovanni Bosco, ho avuto la gioia di vivere l’esperienza dell’«Estate Ragazzi», cioè l’attività che l’Oratorio organizza e propone ai giovani di età compresa tra le scuole medie e quelle elementari.

L’«Estate Ragazzi» è l’appuntamento che costituisce un punto centrale nella vita dell’oratorio, infatti – forti di una tradizione che va avanti ormai da oltre quindici anni – i bambini e i ragazzi si ritrovano insieme e per quattro settimane trascorrono le giornate condividendo momenti di preghiera, formazione educativa, giochi di squadra, sport, mare, tornei di abilità mentale, attività manuale nei laboratori didattici capaci di potenziarne l’espressione artistica e la creatività.

È molto bello vedere come il Vangelo sia annunciato in modi concreti e inclusivi, senza che nessuna persona venga lasciata da sola: nell’affiatata collaborazione dell’Oratorio San Giovanni Bosco con la relativa parrocchia, ho potuto condividere, nel servizio con gli animatori e coi collaboratori, esperienze sincere di generosità. La loro simpatica compagnia è stata per me l’occasione di conoscere da vicino la comunità cristiana parrocchiale selargina, e in particolare la sua presenza giovanile, che sotto la guida del parroco Don Giacomo Faedda, si caratterizza per una testimonianza di amore e di vicinanza. Sono queste le condizioni dove si può incontrare Gesù e sentirsi amati, perché Gesù — come ci ricorda Papa Francesco — «ci fa notare che Egli sa vedere la nostra bellezza, quella che nessun altro può riconoscere, e ci porta a scoprire che il suo amore non è triste, ma pura gioia che si rinnova quando ci lasciamo amare da Lui» (Christus Vivit, n. 114).

 Matteo Mocci 

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Oratorio S. Pietro Pascasio (Quartucciu)

Oratorio S. Pietro Pascasio (Quartucciu)

Oratorio S. Pietro Pascasio (Quartucciu) 

In questo 2022 la parrocchia di San Pietro Pascasio a Quartucciu rivive l’esperienza dell’oratorio estivo e decide di farlo all’insegna della semplicità e della sinodalità. Esperienza che abbiamo condiviso anche noi, immergendoci da subito nei vari laboratori e attività proposte, che spaziavano dal ballo alla pittura, dalla recitazione allo sport, e una grande varietà di laboratori in cui piccoli e grandi avevano la possibilità di cimentarsi.

Ogni giornata era caratterizzata da una parola chiave che costituiva lo sfondo delle attività per la comunità cristiana, come ad esempio «camminare», «abbracciare», «sostenere», giusto per citarne alcune. Con un momento partecipato da tutta la comunità veniva presentata la parola del giorno e si leggeva un brano del Vangelo che avesse un riferimento ad essa. Dopodiché un compito per tutti: proporre e far proprio un gesto che fosse segno concreto del verbo proposto.

Uno dei simboli di maggior rilievo per l’oratorio è stato ripreso dalla comunità del SERMIG di Torino: il grande murale di ingresso che riporta la frase “la bontà è disarmante”, in onore dell’opera custodita nell’Arsenale della Pace. Un appunto indelebile che vuole ricordare alla comunità l’importanza della solidarietà e della carità tra i popoli e gli uomini.

Tanti sono stati i partecipanti, che, guidati dalle parole chiave e dalle attività, hanno risposto in maniera decisa e positiva all’invito del parroco sulle orme del motto dell’anno pastorale che va concludendosi: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” (Lc. 5, 31).

A conclusione di ogni serata la Santa Messa, accompagnata dalle voci gioiose dei ragazzi e bambini che continuavano i momenti di fraternità con qualche calcio al pallone. Dopo la Messa, l’appuntamento terminava con un momento comunitario in cui, rimettendo al centro il tema della giornata e il gesto proposto, si cantava insieme il Padre Nostro.

Di particolare interesse e partecipazione è stata l’uscita comunitaria presso l’Episcopio di Piazza Palazzo, in cui l’arcivescovo ha voluto condividere in semplicità un momento conviviale per giovani e adulti, prendendo parte, seppur con un piccolo gesto, alle giornate della parrocchia.

Le settimane di attività hanno dato ritmo e inizio nuovi per la comunità di san Pietro Pascasio, segnati dalla benedizione della targa da parte di Mons. Giuseppe Baturi, riportante una citazione di Ernesto Olivero, fondatore del Servizio Missionario Giovani: “In questo luogo l’amicizia è sacra. Il colore della pelle è un dono di Dio. La diversità è una ricchezza. Giovani e adulti che giocano così la loro vita cambiano lo sport, cambiano il mondo”.

Alessandro Mereu e Tore Caria

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CreGrest Batticuore a Sant’Elena

CreGrest Batticuore a Sant’Elena

CreGrest Batticuore a Sant’Elena 

Vorrei raccontare in breve l’esperienza che ho vissuto nell’oratorio della Basilica di Sant’Elena. Inizialmente ero un po’ titubante sul come avrei potuto dare una mano in una realtà così grande, come è quella della parrocchia della Basilica di Sant’Elena a Quartu. Sin dalle prime riunioni sono riuscito a legare subito sia con i coordinatori che con gli animatori e i loro aiutanti. Ciò mi ha portato a instaurare nuove amicizie per rendere anche più facile la comunicazione e la collaborazione tra di noi. A livello personale e comunitario posso dire che è stata una bella esperienza, che mi ha permesso di visitare e aiutare, con quello che ho potuto, una realtà della nostra Arcidiocesi. È stato difficile andare via da quell’ambiente, dove ormai mi ero ambientato, sono stato voluto bene, e ho voluto bene. Ho avuto la possibilità di avere delle ottime guide, in questo caso nella persona del parroco, don Alfredo Fadda, e nella persona del vice-parroco, don Gianmarco Lorrai, i quali ringrazio per avermi aiutato a vivere al meglio quest’esperienza. Ho anche avuto un’ottima compagnia, quella di Davide Ambu, seminarista del Seminario Maggiore e studente dell’Almo Collegio Capranica, che mi ha accompagnato in questa avventura. Con commozione al termine di questa lunga, divertente, ma anche faticosa esperienza, durata dal 20 giugno fino al 16 luglio, vado via, e lascio un pezzo del mio cuore nella parrocchia di Sant’Elena a Quartu.

Cristian Mascia

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Le settimane trascorse nella parrocchia di Sant’Elena a Quartu si sono curiosamente rivelate in continuità con l’esperienza pastorale che ho vissuto a Roma, presso la parrocchia del Volto Santo alla Magliana, specialmente per le attività di oratorio e il clima del presbiterio.

Per quanto riguarda le attività con i ragazzi e i bambini, durante i mesi primaverili ho collaborato con il vice-parroco don Francesco Del Moro per l’avvio dell’oratorio: da marzo a giugno si sono susseguiti incontri di conoscenza e di formazione del gruppo dei giovani. Gli stessi ragazzi sono stati protagonisti nella preparazione del GREST estivo e si sono messi in prima linea durante le due settimane di giugno. Purtroppo, le serrate date degli esami della sessione estiva non mi hanno permesso di assaggiare il compimento del lavoro (comunque l’importante è seminare), ma ho potuto gustare i frutti dell’apostolato quartese, la semente sparsa da don Gianmarco Lorrai e dai suoi collaboratori. Così, se a Roma ho organizzato un GREST che non ho realizzato, a Quartu ho vissuto un GREST che non ho preparato.

L’aspetto che mi ha colpito a S. Elena, così come alla Magliana, è il presbiterio: se al S. Volto parroco e vice condividevano la stessa missione con un prete studente indiano, a Quartu don Alfredo e don Gianmarco vivono insieme a don Ausilio. Il clima di stima vicendevole, la condivisione di ciò che accade in parrocchia e non solo, il confronto reciproco tra preti sono elementi che non sempre risplendono e abbondano nella nostra Diocesi. Poter ammirare l’esperienza dei 44 anni di ministero presbiterale di don Alfredo, lealmente condivisa con un novello sacerdote come don Gianmarco, pur nella differenza delle sensibilità e degli accenti, è una nota di vita presbiterale che mi rimane impressa, e mi ricorda che la fraternità presbiterale richiamata da Presbyterorum Ordinis 8 è davvero possibile.  È stato bello vivere insieme a dei preti umanamente risolti, vocazionalmente realizzati, instancabilmente attivi per il popolo loro affidato.

Davide Ambu

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Esperienza di servizio a Lourdes

Esperienza di servizio a Lourdes

Esperienza di servizio a Lourdes 

Ogni anno, con l’arrivo della stagione estiva, rinnovo un’esperienza che ha segnato e arricchito la mia vita: l’incontro con le persone ammalate a Lourdes. Quando sentiamo parlare di una persona malata subito pensiamo alla malattia fisica, ma è proprio in quel luogo che iniziai a comprendere che la malattia non riguarda solamente il fisico, ma anche l’anima. Per queste ragioni, con il passare degli anni, non solo ho incontrato i malati nel fisico, ma anche nell’anima e, tra questi, mi resi conto di farne parte anch’io.

Ricordo bene la prima volta quando arrivai a Lourdes nel 2007: vidi il santuario e, quasi guidato dalla grande presenza dei pellegrini, mi trovai davanti al luogo delle apparizioni. Guardai incuriosito coloro che accompagnavano i malati, i volontari, i bambini e i giovani, gli adulti e gli anziani che, passando sotto la grotta, toccavano la roccia per poi fermarsi a pregare davanti alla statua.  

Tra i motivi per cui sentiamo parlare del santuario di Lourdes grazie alle apparizioni della Vergine, vi è sicuramente quello della sorgente miracolosa; sono tanti infatti gli ammalati, nel fisico e non, che prima di rientrare a casa desiderano fare il bagno nelle piscine. In questo santuario, però, sono presenti delle “piscine” particolari che sono i confessionali, un luogo che richiama alla guarigione interiore.

Di questa guarigione interiore sento di aver bisogno anch’io. La mia vita rassomiglia spesso ad un’altalena, con periodi di grande slancio alternati a periodi di tiepidezza interiore. Grazie a questa esperienza, quest’anno ho deciso di vivere un tempo in cui potessi prendermi cura di me stesso attraverso gli esercizi spirituali. Il predicatore mi ha accompagnato guidandomi nelle vicende della vita di Gesù narrate dall’evangelista Giovanni, grazie alle quali mi sono potuto interrogare sulla maturità del mio cammino fino ad oggi. Anche in una storia vocazionale, dopo lo slancio gioioso dei primi anni, arriva il tempo della realtà quotidiana con tutte le delusioni e le problematiche da affrontare, e per questo è importante ritagliarsi un tempo per nutrire la propria vita spirituale accogliendo ciò che ci viene donato. Alcune volte basta poco: uno sguardo, un sorriso!

Bernadette testimonierà che «la Signora mi guardava come una persona guarda un’altra persona», cioè con rispetto. “Aquerò” (“quella là”), come veniva chiamata dalla poco più che adolescente di Lourdes, con questi gesti, le donò dignità e considerazione.

Sono passati quindici anni dalla prima volta in cui andai a Lourdes e, grazie all’aiuto donato e ricevuto, sono sempre rientrato a casa con sentimenti di piena gratitudine.

 Michel Loi

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