Anagni: un’esperienza formativa fuori dalla Sardegna

Anagni: un’esperienza formativa fuori dalla Sardegna

Anagni: un’esperienza formativa fuori dalla Sardegna 

Settembre 2021 – maggio 2024, è questo il lasso di tempo che mi è stato donato presso il Pontificio Collegio Leoniano di Anagni. Sono partito sicuramente con tanti timori essendo la prima esperienza permanente fuori dal territorio sardo, però sin da subito le paure si sono trasformate in stimoli per vivere nel migliore dei modi l’esperienza che mi è stata proposta. Sin da subito il clima di famiglia presente in comunità si è dimostrato terreno fertile per il mio ambientamento e il mio coinvolgimento comunitario. Tutta l’equipe formativa raggruppata nella persona del rettore don Emanuele Giannone mi è stata vicina per permettere un giusto inserimento formativo e accademico essendo arrivato durante il quarto anno formativo e la II teologia come classe accademica. Dal canto mio ho provato a ricambiare tutta questa accoglienza con il mio voler essere docile all’ascolto e volenteroso di mettermi in gioco nella vita comunitaria.

Il primo anno è stato contraddistinto con il servizio di economo presso il gruppo di interesse del Gamis e poi con il servizio in sala pubblicazioni e fotocopie per quanto riguarda il servizio comunitario. Una componente importante del primo anno che poi ha portato in discesa i due restanti è stato sicuramente il gruppo classe. A livello pastorale il fine settimana sono stato affidato ad una parrocchia nella zona di campagna di Anagni, parrocchia che dopo gli avvicendamenti diocesani dal secondo anno sono diventate tre seguendo tutti gli incarichi del nuovo parroco.

Il secondo anno ha seguito il primo come struttura e vita comunitaria, è cambiato solo il servizio in quanto sono stato incaricato di essere il responsabile del gruppo sacristi del seminario. All’interno di questi due anni ho proseguito e concluso la formazione accademica ed ho ricevuto i ministeri del lettorato e dell’accolitato. In quest’ultimo anno le cose sono un po’ cambiate, in quanto la struttura settimanale al sesto anno è scandita dai corsi di formazione pastorale che hanno arricchito il mio bagaglio in vista della vita ministeriale affrontando, secondo vari ambiti, la vita parrocchiale: in particolare alcuni corsi fatti sono stati pastorale giovanile e vocazionale, catechetica, omiletica, diritto sacramentale, pastorale della carità, tutela dei minori. Anche la vita in parrocchia si è fatta più ricca e più densa perché si avevano due giorni in più a disposizione. Ed eccomi rientrato in diocesi sicuramente arricchito da amicizie nuove, esperienze formative e una vita pastorale che mi hanno permesso di concludere al meglio la vita residenziale in seminario.

Concludo con un richiamo a colei che ha guidato e protetto la mia formazione Anagnina ovvero la Beata Vergine Maria con il titolo di Mater Salvatoris, patrona del collegio che mi ha accolto e alla quale resterò sempre devoto.

Samuele Mulliri

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Contributi ricevuti dal Seminario Arcivescovile nell’anno 2023

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Contributi ricevuti dal Seminario Arcivescovile nell'anno 2023 Ai sensi di quanto previsto dall’art. 1, commi 125-129, Legge 4 agosto 2017, n.124, in tema di adempimento degli obblighi di trasparenza e di pubblicità, di seguito si riportano le informazioni relative ai...

Testimonianze di fede e comunità: un anno pastorale a San Luca

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Testimonianze di fede e comunità: un anno pastorale a San Luca L’anno pastorale, appena trascorso, ci ha visti impegnati nella parrocchia di San Luca, situata nel quartiere di Margine Rosso in Quartu Sant'Elena, e amministrata dal parroco don Davide Collu. Fin dal...

Un’estate alla riscoperta delle relazioni libere: videomessaggio dell’Arcivescovo ai giovani

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Contributi ricevuti dal Seminario Arcivescovile nell’anno 2023

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Una comunità accogliente: l’esperienza pastorale a Sant’Antonio di Padova

Una comunità accogliente: l’esperienza pastorale a Sant’Antonio di Padova

Una comunità accogliente: l’esperienza pastorale a Sant’Antonio di Padova 

Ormai dallo scorso ottobre, insieme ad un compagno proveniente dalla diocesi di Ozieri, viviamo la nostra esperienza pastorale presso la Parrocchia Sant’Antonio di Padova a Quartu S.E.

Accoliti e guidati dal parroco P. Stefano Cogoni, insediatosi da meno di un anno, e dai vice parroci P. Massimo Brozzetti e P. Priamo Etzi, ci siamo inseriti nel cammino di questa comunità guidata dai Frati Minori.

Il convento fu fondato nel 1897 dal padre Ferdinando Diotallevi. La chiesa venne ultimata nel 1904 e il 27 dicembre dello stesso anno consacrata da monsignor Balestra e dedicata a sant’Antonio di Padova. II 19 dicembre 1954 la chiesa fu elevata al rango di parrocchia, la terza della città. Attualmente la comunità conta circa 11.000 abitanti.

Una comunità parrocchiale, dunque, che conta quasi settanta anni e che si è da subito manifestata accogliente e vivace nelle sue varie componenti. I giovani animatori dell’oratorio, che mettono a disposizione tempo ed energie per annunciare ai più piccoli la gioia dell’incontro Gesù; i numerosi catechisti, che si spendono instancabilmente per far conoscere ai bambini e ai ragazzi la bellezza della vita nuova in Cristo e i contenuti della nostra fede; gli accoliti e i ministri straordinari dell’Eucarestia, che assicurano servizio e dignità alle Liturgie e distribuiscono l’Eucarestia ai nostri fratelli che, infermi, non possono uscire dalle loro case; le comunità neocatecumenali, che ci hanno testimoniato con gioia la necessità di riscoprire la radicalità e la forza liberante del Vangelo.

A tutta comunità di Sant’Antonio il nostro ringraziamento per averci accolti con francescana fraternità e averci permesso di condividere un tratto di strada con voi. Pax et bonum!

Leonardo Piras e Alessio Pilloni

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Contributi ricevuti dal Seminario Arcivescovile nell’anno 2023

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Davanti a Dio e in Lui: Corpus Domini 2024

Davanti a Dio e in Lui: Corpus Domini 2024

Davanti a Dio e in Lui: Corpus Domini 2024 

Domenica 2 giugno la comunità diocesana ha potuto festeggiare la festa del Corpo e Sangue di Nostro Signore. Oltre alle celebrazioni svolte nelle comunità parrocchiali, l’Arcivescovo con il clero e i fedeli della città di Cagliari ha celebrato la Santa Messa nella Parrocchia di S. Eusebio a cui è seguita la solenne processione eucaristica. La celebrazione, cui hanno preso parte anche i seminaristi della nostra diocesi, ha visto la partecipazione di un gran numero di fedeli provenienti dalle parrocchie cagliaritane, gruppi e movimenti.
Durante l’omelia Mons. Baturi ha ricordato come “la processione sarà il segno del nostro amore e la testimonianza del nostro desiderio di condividere con tutti il pane che sazia ogni fame e dà la vita in eterno”. Ha poi sottolineato che “il soggetto eucaristico è il “Cristo mistico” che è la Chiesa, suo corpo, che si riconosce per quella concordia e unanimità generate da «un medesimo sentire» e dalla «stessa carità»”. Tale unità, la partecipazione ai sentimenti di Cristo, trova la propria unità proprio nella comunione con Cristo nell’eucarestia, che “ci assimila a Lui, ci f acquistare nel tempo e secondo i suoi disegni, i suoi stessi sentimenti.”
La processione, accompagnata dalla preghiera alla sequela di Cristo pane vivo, ha poi abbracciato le vie del quartiere di Is Mirrionis per concludersi presso la parrocchia della Medaglia Miracolosa, incontrando la fede e l’affetto di un popolo, ma soprattutto, come ha ricordato l’Arcivescovo, “abbiamo attraversato le strade e le piazze di questo quartiere, immaginando la vita di chi vi abita, le vicende belle e oscure della loro storia”, pregando “per loro e per noi, per la Chiesa che cammina pellegrina sulla Terra”.
La solennità del Corpus Domini anche quest’anno è stata un dono di Grazia, di cui esser grati, che ci ha fatto tornare e seguire nuovamente il cuore della nostra vita, che è tale soltanto se si nutre di Cristo.

Giacomo Pisano

Omelia dell’Arcivescovo per la solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo

Meditazione del’Arcivescovo al termine della processione del Corpus Domini

 

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Contributi ricevuti dal Seminario Arcivescovile nell’anno 2023

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La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/4

La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/4

La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/4 

Proseguiamo con l’ultimo della serie dei contributi (qui, qui e qui i precedenti) che illustrano i principali punti chiave della Dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero per la Dottrina della Fede.

La dignità come fondamento dei diritti e dei doveri

Il terzo capitolo propone una riflessione sul concetto di dignità, sulla struttura relazionale della persona e sulla sua liberazione dai condizionamenti morali e sociali.

Concetto di dignità

Alcune formulazioni linguistiche insistono nel parlare di “dignità personale” (i relativi diritti “della persona” e non di “dignità della persona”, intendendo come «persona solo “un essere capace di ragionare”» (DI 24). In questo modo la dignità e i diritti deriverebbero dalla capacità di conoscenza e libertà, ovvero godrebbero di dignità e di diritti solo gli esseri umani che presentano tali capacità. Il bambino ancora nato, l’anziano non autosufficiente, il disabile mentale non avrebbero dignità. Ma «la Chiesa, al contrario, insiste sul fatto che la dignità di ogni persona umana, proprio perché intrinseca, rimane “al di là di ogni circostanza”, ed il suo riconoscimento non può assolutamente dipendere dal giudizio sule capacità di intendere e di agire liberamente delle persone» (DI 24).

Il concetto di dignità viene talvolta usato come giustificazione di nuovi diritti, spesso in contrasto anche con il diritto fondamentale alla vita. La radice di queste distorsioni è la comprensione della libertà come isolata ed individualistica: libertà così è «garantire la capacità di esprimere e di realizzare ogni preferenza individuale o desiderio soggettivo» (DI 25). Questo però contraddice l’essenza stessa della dignità, perché essa «non può essere basata su standard meramente individuale né identificata con il solo benessere psicofisico dell’individuo» (DI 25).

Struttura relazionale della persona

La comprensione corretta della libertà, che sfocia in una giusta concezione della dignità, passa necessariamente attraverso il riconoscimento che la persona ha un carattere relazionale: solo con la consapevolezza che l’essere umano è costitutivamente essere-in-relazione si può evitare di «limitare la dignità umana alla capacità di decidere discrezionalmente di sé e del proprio destino, indipendentemente da quello degli altri, senza tener presente l’appartenenza alla comunità umana» (DI 26). Questa costitutiva apertura all’altro, da cui deriva anche «la capacità, insita nella stessa natura umana, di assumersi degli obblighi verso gli altri» (DI 27), rimarca la prospettiva comunitaria in cui si inscrive la dignità di ciascuno: il rispetto della dignità richiede necessariamente che «ci si prenda cura gli uni degli altri» (DI 26).

La Dichiarazione poi afferma una differenza tra l’essere umano e gli altri esseri viventi: solo in relazione all’essere umano si parla di “dignità”, mentre per il resto del creato si parla di “bontà creaturale”. Quindi esiste una differenza di ordine ontologico tra l’essere umano e un qualunque altro essere vivente, differenza che è espressa anche attraverso il concetto di dignità. Questa sottolineatura sembrerebbe essere una risposta a certe istanze della cultura contemporanea che – sulla base di una certa lettura dei risultati di ricerche in vari campi del sapere (antropologia culturale, paleontologia, etnologia…) – affermano una non netta separazione tra mondo umano e mondo animale e vegetale (arrivando anche a sostenere una non diversità tra realtà organica e non organica). Se da un certo punto di vista, l’essere umano è diverso dal resto del creato, d’altra parte la giusta relazione che tra i due deve instaurarsi è espressa dall’antropocentrismo situato: l’essere umano è compreso in relazione alle altre creature e all’ambiente, verso i quali è chiamato ad avere un rapporto di cura.

Liberazione dai condizionamenti morali e sociali

Ogni persona vive in uno spazio e un tempo determinati, immersa in un contesto storico fatto di relazioni e di condizionamenti di varia natura. Se è vero che, in virtù del battesimo, ognuno è capace di rimanere in una condizione veramente libera, non si può negare che la realtà circostante influenzi la libertà: «non sarebbe, inoltre, realistico affermare una libertà astratta, esente da ogni condizionamento, contesto o limite» (DI 31), sia esso di ordine economico, sociale, giuridico, politico e culturale. La libertà pertanto è sempre una libertà situata che va liberata (cfr. Gal 5,1): se «la libertà è frequentemente oscurata da tanti condizionamenti psicologici, storici, sociali, educativi, culturali», allora essa «ha sempre bisogno di essere “liberata”» (DI 31).

Davide Ambu

 

 

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Contributi ricevuti dal Seminario Arcivescovile nell’anno 2023

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A servizio della Parola: Francesco istituito lettore

A servizio della Parola: Francesco istituito lettore

A servizio della Parola: Francesco istituito lettore

Giornata di festa per la comunità del Pontifico Seminario Regionale Sardo e per tutta la Chiesa sarda che sabato 25 maggio [2024] ha vissuto il conferimento dei ministeri del lettorato e dell’accolitato ad un gruppo di sette seminaristi.

La solenne Eucarestia è stata presieduta da S.E.R. Mons. Corrado Melis, Vescovo di Ozieri e Segretario della Conferenza Episcopale Sarda. Erano presenti il Card. Arrigo Miglio, Arcivescovo emerito di Cagliari e Amministratore Apostolico ‘sede vacante’ di Iglesias, S.E.R. Mons. Walter Erbì, Nunzio Apostolico in Liberia, Sierra Leone e Gambia e numerosi sacerdoti provenienti da varie parti dell’isola.

Tra gli istituendi lettori c’era anche Francesco Cara, seminarista della nostra diocesi che abbiamo avuto modo di conoscere attraverso una videointervista apparsa sul nostro sito qualche giorno fa.

Nel corso della sua omelia, il Vescovo di Ozieri ha invitato i presenti a guardare ai bambini come modello di fiducia, disponibilità e gioia nell’accogliere il Regno di Dio annunciato da Cristo: “Un bambino solitamente usa lo stupore, non il possesso. Gli adulti cercano sempre un utile nelle cose, i bambini invece godono delle cose, punto e basta. Gli adulti perdono tanto tempo a commentare le proprie cadute, i bambini invece si rialzano. Gli adulti cercano rassicurazioni prima di fare qualcosa, i bambini invece sono ostinati e rischiano. […] Il vostro servizio nel lettorato e nell’accolitato racchiude un significato che va oltre il momento strettamente celebrativo di oggi e di ogni avvicinamento sia all’ambone e sia all’altare. Va ben oltre. Il vostro servizio alla sequela di Gesù, vi auguro possa davvero diventare una sorgente rivolta a tanti che vi incontrano e che vi incontreranno se conserverete questo cuore di bambini. Ciò che conta è la risposta del cuore, i comportamenti, le scelte. Fatevi istruire dalla cosiddetta infanzia spirituale che ha tantissimi testimoni tra i santi e le sante”.

Del resto, i Vescovi italiani ci ricordano che: “L’ufficio liturgico del lettore è la proclamazione delle letture nell’ assemblea liturgica. Di conseguenza il lettore deve curare la preparazione dei fedeli alla comprensione della parola di Dio ed educare nella fede i fanciulli e gli adulti. Ministero perciò di annunciatore, di catechista, di educatore alla vita sacramentale, di evangelizzatore a chi non conosce o misconosce il vangelo” (I ministeri nella Chiesa, n.7).

Il lettorato di Francesco arricchisce la nostra Chiesa diocesana di una nuova ministerialità a servizio del Signore e del suo corpo che è la Chiesa. A lui il nostro augurio, per lui la nostra preghiera.

Leonardo Piras

(Foto da Pontificio Seminario Regionale Sardo)

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