Esperienza Pastorale presso la Parrocchia S. Sebastiano in Elmas

Esperienza Pastorale presso la Parrocchia S. Sebastiano in Elmas

A partire da ottobre 2021 il seminario regionale mi ha assegnato come parrocchia per la pastorale nel fine settimana la parrocchia di san Sebastiano in Elmas, guidata dal parroco don Marco Orrù. Lo scorso anno l’arcivescovo mons. Baturi mi ha chiesto di continuare il mio percorso nella medesima parrocchia, iniziando il percorso di licenza presso la facoltà teologica di Cagliari. Ugualmente quest’anno l’arcivescovo mi ha comunicato come la mia esperienza a Elmas e la licenza fossero confermate ancora per un anno, unitamente a una nuova esperienza: l’insegnamento della religione cattolica presso due istituti superiori.

In dialogo con il parroco, mi sono inserito in diversi ambiti della parrocchia, tra cui principalmente quello della catechesi e della carità, presso la mensa e dispensario caritas parrocchiale. Inoltre vivo con gioia la mia esperienza in oratorio e nel gruppo AGESCI – Elmas 1. Noto come le persone che frequentano la comunità parrocchiale sappiano dimostrare costante affetto e premura sia nei miei confronti, sia in quelli del parroco. Ritengo che questa comunità parrocchiale sia capace di donare nuovi spunti per una sempre più necessaria “nuova evangelizzazione”. A tal proposito sono diverse le iniziative proposte, non ultima una particolare attenzione al percorso sinodale voluto da papa Francesco.

Quest’anno si caratterizza anche per il fatto che mi ha permesso un maggior inserimento nella vita della nostra Chiesa particolare: vi sono diversi momenti in cui ho modo di incontrare altri sacerdoti del clero diocesano, anche grazie ai rapporti di amicizia di alcuni sacerdoti con la comunità parrocchiale dove risiedo.

Vivere la comunità mi ha fatto meglio comprendere come sia necessario formarsi costantemente per poter essere capaci di «dare ragione» della nostra fede con efficacia. A tal proposito dedico parte della mia settimana al percorso di specializzazione accademico, insieme ai diversi appuntamenti diocesani che, sia come insegnante, sia come seminarista, mi sono proposti. Tra questi sto partecipando ai convegni di formazione biblica del servizio diocesano Verbum Domini presso la parrocchia sant’Eusebio di Cagliari.

In conclusione ringrazio il Signore dell’esperienza che mi sta facendo vivere, certo che possa essere di grande aiuto per il ministero a cui il Signore mi chiama.

Giovanni M. Carboni

La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/2

La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/2

La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/2 

Proseguiamo con la serie dei contributi (qui il primo) che illustrano i principali punti chiave della Dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero per la Dottrina della Fede.

La definizione boeziana di persona (DI 9)

L’introduzione si conclude con un’analisi della definizione classica di persona di Boezio, «sostanza individuale di natura razionale», che va a significare e precisare tutti i termini. Per «sostanza individuale» si intende che la persona è «un soggetto che, ricevendo da Dio l’esistenza, “sussiste”, vale a dire esercita l’esistenza in modo autonomo», per cui la persona gode di dignità ontologica al livello metafisico dell’essere. Per «razionale» si fa riferimento a «tutte le capacità di un essere umano»: non solo le facoltà intellettuali del conoscere e comprendere, ma anche quelle del volere, dell’amare, dello scegliere e del desiderare e quelle corporee ad esse connesse. Si rimarca in questo modo l’importanza della dimensione corporea dell’uomo, spirito incarnato, evitando dualismi anima/corpo di matrice platonica o cartesiana. Il termine «natura» si riferisce alle «condizioni proprie dell’essere umano che rendono possibili le varie operazioni ed esperienze che lo caratterizzano»: la natura è intesa come il «principio dell’agire». Tale natura è un dono ricevuto da far fruttificare nel tempo.

Con queste precisazioni, che distinguono tra sostanza individuale e natura, la Dichiarazione può affermare che se per qualche causa la persona non è capace di mettere in atto le proprie capacità (natura), essa «sussiste sempre come “sostanza individuale” con tutta la sua inalienabile dignità» (ciò vale ad esempio per l’embrione, in chi è privo di sensi, nei momenti terminali dell’esistenza).

La scelta di riferirsi alla definizione boeziana di persona àncora l’argomentazione della dignità alla categoria metafisica di sostanza e riprende il modello classico circa le facoltà dell’essere umano (intelletto e volontà), integrando maggiormente la dimensione corporea. Si assiste quindi ad una ripresa di un linguaggio più proprio della filosofia scolastica, che può segnare un limite nel dialogo con le istanze culturali del mondo contemporaneo, per le quali il lessico classico non è sempre condiviso (ad esempio per le correnti transumaniste e postumaniste). D’altra parte, la sottolineatura delle capacità corporee significate dal termine «razionale» può essere una risposta alle correnti che svalutano il valore antropologico del corpo.

La progressiva consapevolezza della centralità della dignità umana

Il primo capitolo della Dichiarazione traccia una traiettoria ascendente circa la consapevolezza dell’importanza della dignità umana: partendo dall’antichità classica, passando per il mondo biblico e per il pensiero cristiano, viene proposto in estrema sintesi uno sviluppo storico che giunge fino ai tempi odierni. Data la brevità della trattazione, è possibile che il capitolo fosse in origine più articolato e che nelle varie modifiche abbia ricevuto non poche semplificazioni (la traiettoria biblica sulla dignità è tracciata in soli due paragrafi, uno per Testamento).

Se nell’antichità classica l’idea di dignità umana, inizialmente legata all’ambito sociale, viene intesa cosmologicamente (tutti gli esseri hanno dignità propria in base alla loro collocazione nel cosmo) (DI 10), la Rivelazione biblica insiste sul fondamento teologico della dignità dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio: «essere creati a immagine di Dio significa, pertanto, possedere in noi un valore sacro che trascende ogni distinzione sessuale, sociale, politica, culturale e religiosa» (DI 11). Escludendo ogni forma di riduzionismo (materiale, psichico, spirituale), il termine «immagine» raccoglie il significato della dignità dell’uomo e della donna. È ciò che viene rivelato nell’Esodo, insegnato nel Codice deuteronomico (Dt 12-16), richiamato con forza dai profeti (con l’attenzione al povero, alla vedova, all’orfano) e ripreso nella letteratura sapienziale. La stessa cura da riservare ad ogni uomo, in quanto creatura scelta e amata da Dio, è quella che viene annunciata da Cristo: l’interesse per degli “scartati” o emarginati (esattori delle tasse, donne, bambini, lebbrosi, ammalati, forestieri, vedove…) rivela «il valore e la dignità di tutti coloro che portano l’immagine di Dio» (DI 12).

Sviluppi storici 

La creazione ad immagine e somiglianza è anche la base dell’antropologia cristiana proposta dalla sintesi patristica. Accogliendo criticamente il pensiero filosofico antico, il pensiero cristiano medievale poi riconosce il ruolo singolare dell’uomo nella creazione, ritenendo «la persona come quanto più di nobile c’è in tutto l’universo» (S. Tommaso d’Aquino). La dignità ontologia ha trovato posto anche in pensatori moderni come Cartesio e Kant e nel personalismo del XX secolo con la riflessione sulla soggettività inter-relazionale. Nella nostra età contemporanea, il termine “dignità” ha trovato espressione nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948 «per sottolineare il carattere unico della persona umana, incommensurabile rispetto agli altri esseri umani» (DI 14). Ma è bene evidenziare che «la dignità non viene concessa dalla persona ad altri esseri umani», perché è intrinseca alla persona, e quindi non può essere né conferita a posteriori né revocata o perduta (DI 15). Su questa linea si pone anche il Concilio Vaticano II, in particolare nella sua Dichiarazione Dignitatis humanæ.

È interessante notare come la Dichiarazione si ponga in una prospettiva di dialogo critico e accogliente (e non di rigetto e condanna). Ad esempio, circa la visione moderna, di filosofi come Cartesio e Kant da un lato si ammette che «hanno messo in discussione alcuni dei fondamenti dell’antropologia classica» e dall’altro si riconosce che in essi – per quanto riguarda la concezione della dignità umana – «si possono avvertire con forza echi della Rivelazione» (DI 13). Anche il riferimento non sporadico alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo attesta la volontà di porsi in confronto positivo con il mondo, pur affermando con fermezza la propria posizione (quando, ad esempio, si rimarca la caratteristica intrinseca della dignità, che non può essere conferita – e quindi revocata – da nessuno).

Davide Ambu

 

 

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I seminaristi al Convegno missionario nazionale di Loreto

I seminaristi al Convegno missionario nazionale di Loreto

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A Loreto la 67esima edizione del Convegno missionario nazionale dei seminaristi.

Si è tenuta a Loreto dal 10 al 13 aprile 2024 la 67esima edizione del Convegno missionario nazionale dei seminaristi a cui, insieme al Gruppo di Animazione Missionaria in Seminario del Pontificio Seminario Regionale Sardo, hanno partecipato anche alcuni dei nostri seminaristi.

Sotto lo sguardo della Vergine Lauretana, i seminaristi di tutta Italia hanno avuto l’opportunità di riflettere sull’identità missionaria della Chiesa e, divisi in piccoli gruppi, confrontarsi sui temi legati all’ evangelizzazione nel contesto socio culturale odierno.

Il titolo “Cuori ardenti, piedi in cammino”, ripreso dall’ultima Giornata Missionaria Mondiale ed ispirato al brano dei discepoli di Emmaus, è stato il filo rosso che ha accompagnato testimonianze, momenti di dialogo e confronto e laboratori di gruppo a cui i nostri giovani seminaristi hanno avuto la possibilità di partecipare e i cui frutti sono pronti a mettere a disposizione delle nostre chiese diocesane.

Al termine del convegno don Valerio Bersano, responsabile di Missio Consacrati, ha dato appuntamento a tutti i presenti al prossimo convegno nazionale che si terrà nel 2025 a Reggio Calabria.

Leonardo Piras

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La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/2

La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/1

La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/1  

Proponiamo una serie di contributi che vogliono illustrare i principali punti chiave della Dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero per la Dottrina della fede, commentandone alcuni aspetti a partire dal dato testuale.

La Dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero per la Dottrina della fede, del 2 aprile scorso, si pone come il punto di arrivo di una lunga riflessione sul tema della dignità umana. Il documento, aperto da una presentazione a firma del prefetto Card. Victor Manuel Fernandez, si compone di quattro capitoli, con un’introduzione e una conclusione, per un totale di da 66 paragrafi.

L’articolata storia del testo

Il documento ha avuto una genesi molto lunga durata 5 anni: le discussioni iniziarono nel marzo 2019 quando «decise di avviare “la redazione di un testo evidenziando l’imprescindibilità del concetto di dignità della persona umana all’interno dell’antropologia cristiana e illustrando la portata e le implicazioni benefiche a livello sociale, politico ed economico, tenendo conto degli ultimi sviluppi del tema nell’ambito accademico e delle sue ambivalenti comprensioni nel contesto odierno”».

Il primo testo proposto, ritenuto insoddisfacente, fu rivisto e ripresentato nel 2021; la Sessione Plenaria della Congregazione, nel gennaio 2022, rivide il documento abbreviandolo e semplificandolo. La nuova bozza, emendata nel corso del 2023, ha ricevuto ulteriori modifiche, su indicazione di Papa Francesco che ha «chiesto di evidenziare nel testo tematiche strettamente connesse al tema della dignità, come ad esempio il dramma della povertà, la situazione dei migranti, le violenze contro le donne, la tratta delle persone, la guerra ed altre». Dopo una globale revisione, il testo ha subìto cambiamenti importanti ed è stato approvato dalla Sessione Ordinaria del Dicastero alla fine del febbraio 2024 ed è stata poi approvata dal Papa il 25 marzo 2024.

I capisaldi dell’Introduzione

La lunga gestazione del testo fa comprendere l’importanza e la delicatezza del tema trattato: la dignità di ogni persona umana, una dignità definita «infinita, inalienabilmente fondata nel suo stesso essere» (DI 1). Tale dignità va riconosciuta e rispettata per ogni persona «al di là di ogni circostanza e in qualunque stato i situazione si trovi» (DI 1): ciò significa che non esiste nessun caso concreto e reale per il quale la dignità della persona possa cessare di esistere. La dignità dunque “accompagna” la persona, in quanto sua parte essenziale, in ogni istante della sua esistenza; si potrebbe affermare in modo conciso che finché c’è persona, c’è dignità.

La dignità dell’uomo per ragione e per fede

Tale affermazione, che fonda i diritti di ogni persona, non è esclusivamente un dato di rivelazione, in quanto «è pienamente riconoscibile anche dalla sola ragione» (DI 1). Ciò riveste una notevole importanza, in quanto la dignità della persona può trovare posto all’interno degli ordinamenti statali laici, a prescindere dalla confessione religiosa. La Rivelazione conferma il dato di ragione circa la dignità della persona, inquadrandola nella prospettiva della creazione (l’essere umano a immagine somiglianza divina) e della redenzione (l’essere umano salvato da Cristo). Pertanto il riferimento alla Rivelazione non è strettamente necessario per affermare il principio di una dignità al di là di ogni circostanza, in quanto la sola ragione può essere sufficiente a riconoscere che la dignità ha un radicamento nella natura della persona (dignità ontologica). La Dichiarazione non propone particolari argomenti razionali per il riconoscimento della dignità ontologica (compito del pensiero filosofico), però suggerisce una strada da percorrere: la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, a cui la Chiesa guarda come «via maestra» per l’affermazione dei diritti di ogni uomo, che «proprio in ragione della sua inalienabile dignità» «deve essere riconosciuto e trattato con rispetto e con amore» (DI 2).

L’impegno della Chiesa nell’affermazione della dignità e dei derivanti diritti di ogni uomo accompagna da sempre la comunità cristiana. La Dichiarazione riprende in estrema sintesi i pronunciamenti degli ultimi papi (Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Papa Francesco), dedicando a ciascuno un paragrafo.

Una quadruplice distinzione della dignità (DI 7-8)

Va sottolineato il «chiarimento fondamentale» che la Dichiarazione propone sull’espressione “dignità della persona umana”, che «porta a riconoscere la possibilità di una quadruplice distinzione del concetto di dignità: dignità ontologicadignità moraledignità sociale ed infine dignità esistenziale» (DI 7). Per «dignità ontologica» si intende la dignità che «compete alla persona per il solo fatto di esistere e di essere voluta, creata e amata da Dio» ed è una dignità incancellabile e sempre valida. È interessante notare il doppio registro, filosofico e teologico, che definisce questa dignità ontologica: riconoscere la dignità per «il solo fatto di esistere» della persona non richiede un atto di fede religiosa, in quanto l’esistenza di una persona è riconoscibile anche dalla sola ragione e può essere intesa come un principio di argomentazione filosofica, mentre il fatto che la persona è «voluta, creata e amata da Dio» fonda la dignità su un piano teologico (nella convergenza dei piani creativo e redentivo), ovvero nella relazione costituiva di ogni essere umano con Dio. La «dignità morale» si riferisce invece «all’esercizio della libertà da parte della creatura umana» (DI 7) per la quale l’uomo può attuare scelte contro la dignità. Per questo la dignità morale può essere perduta a causa della libera decisione umana, mentre la dignità ontologica «non può mai essere annullata». Si può notare la terminologia con cui la Dichiarazione illustra la dignità morale: si parla di «creatura», «creatura amata da Dio», «legge dell’amore rivelata dal Vangelo» e non di «persona», «esistenza», «legge naturale»; il lessico mostra che la connotazione morale della dignità è da intendere in senso teologico, dato che la perdita della dignità morale è legata al rapporto della creatura con il Creatore. Se la dignità ontologica è comprensibile per ragione e per fede, la dignità morale è comprensibile solo sul piano della Rivelazione, in quanto la conoscenza del peccato è una realtà teologica. Passando alle restanti accezioni di dignità, la «dignità sociale» fa riferimento «alle condizioni sotto le quali una persona si trova a vivere» (DI 8), le quali possono non essere di qualità adeguata alla dignità ontologica (l’esempio riportato è quello della povertà estrema). La «dignità esistenziale» infine afferisce a situazioni esistenziali, che una certa mentalità ritiene meno degne di essere vissute: malattie gravi, contesti familiari violenti, dipendenze patologiche… Si tratta di situazioni che portano la persona a considerare la propria vita come indegna da vivere, non vedendo così quella dignità ontologica che non può mai venir meno.

Davide Ambu

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La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/4

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Il racconto della visita ad limina dei Vescovi sardi

Il racconto della visita ad limina dei Vescovi sardi

Il racconto della visita ad limina dei Vescovi sardi 

“La visita ad limina, nei suoi diversi momenti liturgici, pastorali e di fraterno dialogo, esprime il riferimento di tutte le Chiese alla fede apostolica; consolida la responsabilità dei Vescovi diocesani in quanto successori degli Apostoli; rafforza i vincoli di fede, di comunione e di disciplina con il Successore di Pietro e l’intero corpo ecclesiale”. Così S.E.R. Mons. Giuseppe Baturi, nella sua lettera alla nostra Arcidiocesi, ha ribadito l’importanza della visita ad limina apostolorum per i vescovi della Sardegna, che ha avuto luogo a Roma dall’8 al 12 aprile 2024.

Lunedì 8 aprile, i vescovi della nostra Isola hanno incontrato il Santo Padre Francesco, primo custode del deposito di verità trasmesso dagli Apostoli, con il quale hanno avuto occasione di dialogare e presentare la realtà della nostra terra, 11 anni dopo l’ultima visita ad limina. L’udienza, così come i diversi colloqui con i Dicasteri e gli Organismi della Curia Romana non costituiscono soltanto dei momenti di interscambio di informazioni e di sollecitudine pastorale, ma al tempo stesso sono proficui per il bene e lo sviluppo sia della Chiesa sarda sia della Chiesa universale.

Come ha messo in luce S.E.R. Mons. Antonello Mura, nell’omelia della celebrazione eucaristica davanti alla Tomba dell’Apostolo Pietro (09.04.24), la visita ad limina va al di là di qualsiasi adempimento pastorale e giuridico-amministrativo, perché si configura come “un vero e proprio viaggio spirituale per rendere ragione della speranza e della fede riposte in Gesù Cristo. Un’occasione per trovare forza, coraggio e capacità di comunione tra noi e con il papa”.

Pregare nei luoghi degli Apostoli e dei Martiri, ha ricordato ancora S.E.R. Mons. Giuseppe Baturi nella celebrazione presso la Basilica di S. Paolo fuori le mura (10.04.24), diventa un tornare, in qualche modo, all’origine, all’amore che è più grande della vita (cf. Sl 63,4), perché è ricordare che anche le nostre Chiese di Sardegna sono nate dal sangue di tanti martiri antichi. Nel pellegrinaggio ai Santi Apostoli, la ricchezza, la creatività e bellezza della fede del nostro popolo trovano la loro ragione, la loro forza e il loro futuro, perché “non c’è cammino, non c’è futuro senza la conversione continua che è sempre un tornare alle radici, alla fede nel suo punto sorgivo”.

S.E.R. Mons. Roberto Carboni ha ribadito, nella celebrazione in Santa Maria Maggiore (11.04.24), come nel cammino della Chiesa di Sardegna al Vescovo di Roma, non possa mancare l’incontro con la Madre del Signore per ascoltare da lei quella Parola che risuona nei secoli. È lei che ci ricorda le nostre povertà, ma allo stesso tempo ci mostra una soluzione, un cammino per aiutarci: “fate quello che egli vi dirà” (Gv 2,5).

In Cristo è inscindibile il legame tra cattedra della croce e cattedra magistrale. Sulla base del Vangelo dei pani e la figura di Filippo (Gv 6,1-15), S.E.R. Mons. Gianfranco Saba ha richiamato all’attenzione, presso la Basilica di S. Giovanni in Laterano (12.04.24), la dimensione relazione e comunitaria della salvezza. Come Gesù nutre la gente, così il magistero stesso ha il compito di nutrire, di rispondere al bisogno e alla domanda dell’uomo, a quelle aspirazioni universali e quegli interrogativi profondi che stanno al cuore della Chiesa e della sua opera di evangelizzazione.

In questi giorni intensi per la Chiesa sarda, chiamata a confermare la propria fede e a discernere sul suo sviluppo, non può non suonare profetico l’invito a riscoprire nel Vangelo la virtù della fortezza, tema della catechesi dell’Udienza Generale del Sommo Pontefice del 10 aprile, alla quale hanno partecipato anche i seminaristi dell’Isola. “Nel nostro confortevole Occidente, che ha un po’ annacquato tutto, che ha trasformato il cammino di perfezione in un semplice sviluppo organico, che non ha bisogno di lotte perché tutto gli appare uguale, avvertiamo talvolta una sana nostalgia dei profeti, […] di qualcuno che ci scalzi dal posto soffice in cui ci siamo adagiati e ci faccia ripetere in maniera risoluta il nostro “no” al male e a tutto ciò che conduce all’indifferenza”. Una virtù, dunque, da imparare ancora dalla testimonianza dei santi e delle sante, indispensabile per la nostra Chiesa di Sardegna davanti alle sfide che la attendono, affinché noi tutti possiamo essere “marinai resistenti, che non si spaventano e non si scoraggiano”, fiduciosi nella Provvidenza di Dio, “che ci fa da scudo e corazza”.

Michele Fanunza

Omelie dei Vescovi della Sardegna per le celebrazioni della visista ad limina

Papa Francesco incontra i vescovi della Sardegna in “Visita ad limina”

I vescovi sardi all’udienza generale di Papa Francesco

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