Gratitudine che deborda: l’esperienza pastorale a San Sebastiano

Gratitudine che deborda: l’esperienza pastorale a San Sebastiano

Gratitudine che deborda: l’esperienza pastorale a San Sebastiano

Sono trascorsi poco più di cinque mesi dall’inizio di questa nuova esperienza pastorale, eppure, piano piano, sta diventando un’esperienza di casa. Quest’anno il Seminario Regionale mi ha chiesto di trascorrere i weekend dedicati alla pastorale insieme a Ivan, seminarista della diocesi di Lanusei, nella parrocchia di San Sebastiano, guidata dal parroco don Michele Fadda.
Fin da subito ci siamo accorti di trovarci in una comunità dinamica, accogliente e piena di vita, nonostante le dimensioni ridotte del quartiere. In questi mesi non posso che ringraziare per questa realtà, dai più piccoli, che ho avuto la gioia di conoscere attraverso il catechismo e il servizio all’altare, fino agli adulti, dai quali ho potuto imparare l’amore e la dedizione alla Chiesa, alla comunità e alle singole persone.
La nostra esperienza a San Sebastiano si sta sviluppando tra incontri di catechismo, celebrazioni eucaristiche e attività di oratorio con gli altri giovani della parrocchia. Questi momenti stanno diventando sempre più occasioni per educarci alla fede e dono di sé nell’incontro con l’altro.
Un ringraziamento speciale va a chi tiene unite tutte le parti e guida questa comunità: don Michele. Sin dall’inizio ci ha accolti con un’amicizia sincera, coinvolgendoci attivamente nella vita parrocchiale e incalzandoci in un confronto e giudizio continuo sulla vita e sulla fede. Quello che emerge chiaramente è un modo e stile di vivere la parrocchia che invita a crescere in umanità e responsabilità, senza dimenticare nessuno, ma valorizzando tutto.
Se non si fosse ancora compreso, l’esperienza di questi mesi è stata un’opportunità per imparare la gratitudine, che apre e libera il cuore. Ed è proprio vero: essa sgorga dai piccoli e grandi segni che Dio lascia nella storia, nella nostra storia di uomini in ricerca di Lui. Nell’incontro con gli altri, questi segni si fanno chiari, luminosi e determinanti.

Giacomo E. Pisano

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Gratitudine che deborda: l’esperienza pastorale a San Sebastiano

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Un “nuovo” inizio: l’esperienza di comunità a San Luca

Un “nuovo” inizio: l’esperienza di comunità a San Luca

Un “nuovo” inizio: l’esperienza di comunità a San LucaAl rintocco delle tre di ogni sabato pomeriggio, l’odore del mare e il vento fresco del Poetto ci accompagnano nel nostro tragitto fino alla parrocchia San Luca in Quartu, Margine Rosso, amministrata dal parroco...

A Quartu una Veglia di preghiera per le vocazioni

A Quartu una Veglia di preghiera per le vocazioni

A Quartu una Veglia di preghiera per le vocazioni

Sabato 22 marzo alle 20,30, presso la parrocchia S. Luca in Quartu S. E. avrà luogo la Veglia di preghiera per le vocazioni promossa dall’Ufficio diocesano di Pastorale Vocazionale e dal Seminario Arcivescovile.

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Un “nuovo” inizio: l’esperienza di comunità a San Luca

Un “nuovo” inizio: l’esperienza di comunità a San Luca

Un “nuovo” inizio: l’esperienza di comunità a San Luca

Al rintocco delle tre di ogni sabato pomeriggio, l’odore del mare e il vento fresco del Poetto ci accompagnano nel nostro tragitto fino alla parrocchia San Luca in Quartu, Margine Rosso, amministrata dal parroco don Davide Collu.

Per entrambi si è trattato di un nuovo inizio, nonostante uno di noi avesse già trascorso l’anno passato in questa comunità. Una nuova partenza che vede una conoscenza ancora più familiare, un coinvolgimento sempre più radicale. Le attività non sono cambiate, centrale è la celebrazione eucaristica, che funge da spartiacque rispetto alla lezione di catechismo e alle attività in oratorio, che ci vedono sempre più protagonisti. Nella vitalità della parrocchia c’è poi la realtà del coro che non manca di animare le celebrazioni con una dedizione che favorisce la preghiera per tutti coloro che si accostano all’Eucaristia, i più piccoli, i giovani e gli adulti.

Ciò che salta all’occhio è certo la responsabilità che ciascun parrocchiano vive in ogni attività in cui è chiamato ad operare. Non prevale, infatti, un doverismo nell’adempimento dei compiti da assolvere, quanto, invece, un coinvolgimento totale e una donazione di sé, che garantiscono una bellezza aggiunta. Il contorno è un legame di stretta familiarità che permette di inserirsi nella comunità senza maschere, sentendosi accolti e voluti bene fin dal primo istante.

Ci accorgiamo quanto sia preziosa questa esperienza, non solo per apprendere “nozioni pratiche”, ma innanzitutto per un’umanità che si impara a condividere e che rappresenta la testimonianza più grande di quel Dio che proprio in questa umanità si è incarnato per rendersi incontrabile. Per questo, all’esperienza pastorale del fine settimana si accompagna una profonda gratitudine non solo verso la comunità tutta, ma innanzitutto verso il parroco, don Davide, che ci ospita con attenzione e grande cura, stimolandoci continuamente e coinvolgendoci in quella storia che ormai anche noi possiamo iniziare a chiamare “casa”.

Alberto Caocci e Nicolas Arba

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Un “nuovo” inizio: l’esperienza di comunità a San Luca

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Verso una Chiesa sorella: intervista a S.E. Mons. Farci

Verso una Chiesa sorella: intervista a S.E. Mons. Farci

Verso una Chiesa sorella: intervista a S.E. Mons. Farci

A pochi giorni dalla sua ordinazione episcopale, che avrà luogo domenica 9 febbraio alle 16, nella suggestiva cornice della basilica di Sant’Elena a Quartu, abbiamo rivolto alcune domande a S.E Mons. Mario Farci.

Che ricordi conserva degli anni di discernimento, studio e formazione trascorsi nel nostro Seminario Arcivescovile? Del biennio 1996  – 1998 a contatto con i giovani seminaristi in qualità di  Direttore Spirituale?

Sono entrato in seminario a poco più di tredici anni, nel 1980. Da tempo ero attratto dalla vita della Chiesa e dei presbiteri ma avevo preferito frequentare la scuola media nella mia città. Facevo parte di un nutrito gruppo di chierichetti che, tra l’altro, aveva una nutrita squadra di calcio di tutto rispetto. Erano altri tempi ed era naturale che qualcuno di questi facesse un’esperienza in seminario. Direi che i primi anni di seminario, il ginnasio e il liceo, sono stati i più importanti. Poi ho proseguito giorno per giorno fino al seminario maggiore, dove ho sperimentato la passione per la teologia che mi ha permesso di comprendere la fede in modo nuovo e più profondo.

Una volta ordinato prete sono stato anche padre spirituale nel seminario minore per due anni. Un’esperienza ristretta che mi vedeva soprattutto impegnato nel consolare i ragazzi che avevano nostalgia delle loro famiglie e delle loro case.

Dal 1999 è impegnato come  Cappellano presso la casa di cura S. Antonio in Cagliari. Come il rapporto con la sofferenza e la vita degli altri può continuare a formare un presbitero? Cosa porta via di prezioso dopo 25 anni?

Arrivai ad essere cappellano ospedaliero in modo rocambolesco. Inizialmente ero stato nominato parroco ma, per difficoltà legate al mio predecessore, mi proposero di andare alla casa di cura S. Antonio, dove sono rimasto per più di 25 anni.

Oggi dico che è stata una esperienza bellissima. Anzitutto nel contatto col personale sanitario, persone che lavorano seriamente, sperimentano la durezza del lavoro ma ogni giorno si adoperano per il bene di chi soffre e poi, l’esperienza più bella, con i malati che ti insegnano a vivere. Mi porto dietro tante loro sofferenze e, soprattutto, tanti loro insegnamenti. Ho sempre voluto mantenere questo incarico, anche da Preside. Quando ero preoccupato o in tensione per qualcosa fuggivo in ospedale in modo che tutto venisse ricondotto nei giusti termini e oggi vedo che questi 25 anni sono proprio volati.

Cosa direbbe a un giovane che le confidasse il desiderio di diventare sacerdote?

A questo giovane direi di fare tutto con calma e senza affanni, di cercare di essere un ragazzo normale, di fare un’esperienza di Chiesa. Gli ripeterei la raccomandazione che in questi giorni, molto frequentemente, mi stanno facendo: «Non montarti la testa!». Gli direi che è necessario formarsi bene, il tempo della formazione non è tempo perso: tutto il contrario!

Inoltre, all’interno di questa formazione, forse per deformazione professionale, cercherei di fargli capire che la formazione teologica è indispensabile, che lo studio non è un optional e serve per aprirci la testa e farci interpretare meglio la realtà. Per un presbitero, soprattutto per un parroco, oggi e domani sarà sempre indispensabile.

Cosa le mancherà maggiormente di questa chiesa diocesana che ha servito per quasi 34 anni?

A Cagliari sono cresciuto, mi sono “fatto le ossa”. Direi che la Chiesa di Cagliari è stato il mio habitat naturale. Credo che mi mancherà un po’ tutto l’ambiente, però … Iglesias non è da meno. Le dimensioni sono, certo, più contenute ma credo possa essere un vantaggio. Ho l’impressione che ciò favorisca non poco la familiarità tra presbiteri e, mi auguro, con il Vescovo. Tengo a ringraziare la chiesa di Cagliari per tutto quanto mi ha dato. Mi sento inviato da questa comunità verso una chiesa sorella ma, in fondo, … la famiglia è la stessa!

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Voci dal Convegno Nazionale Vocazioni

Voci dal Convegno Nazionale Vocazioni

Voci dal Convegno Nazionale Vocazioni

Anche quest’anno si è svolto a Roma, dal 3 al 5 gennaio, il Convegno nazionale vocazioni, che ha riunito oltre 350 partecipanti, tra responsabili diocesani delle Vocazioni, operatori pastorali, educatori, religiosi e giovani. Per la Sardegna hanno partecipato i delegati delle diocesi di Ales-Terralba, Alghero-Bosa, Cagliari, Oristano e Sassari. La tre-giorni è stata un momento di incontro, confronto e riflessione sulla progettazione di itinerari di pastorale giovanile vocazionale. Gli interventi del responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile, don Riccardo Pincerato, hanno ribadito la necessità di una sempre maggiore sinergia tra la pastorale giovanile e quella vocazionale. Il Convegno ha proposto un ricco programma. Dopo una visita virtuale alla Sagrada Familia, i relatori hanno affrontato alcuni temi estremamente attuali: la complessità della vita odierna, la progettazione di itinerari di pastorale giovanile e vocazionale, il mondo digitale come “luogo” da abitare con sapienza. Nel corso del Convegno si è dato spazio anche ad alcune esperienze di accompagnamento vocazionale: brevi cortometraggi hanno offerto ai partecipanti vivaci testimonianze di ragazzi e giovani, provenienti da varie parti d’Italia, che hanno intrapreso o accompagnano cammini vocazionali. Non poteva mancare, nell’Anno Giubilare, la possibilità di vivere il pellegrinaggio alla Porta Santa; abbiamo condiviso momenti di preghiera e meditazione, e poi attraversato la Porta della basilica di San Pietro. Il Convegno Nazionale si è chiuso con una rinnovata consapevolezza e determinazione: la Chiesa italiana si impegna a rispondere alle sfide di oggi, che la Pastorale Giovanile può intercettare, promuovendo una visione che valorizzi l’umanità dei nostri ragazzi.

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